Possono fare molte cose i
governi e le maggioranze che li sostengono: possono approvare le leggi che
vogliono, creare condizioni di favore a questo o a quello, cancellare o
modificare reati, e così via legiferando. Possono fare tutte queste cose con il
crisma della piena validità giuridica, ancorché, come si capisce, esponendosi
ogni volta nel merito alla legittima critica politica. C’è una cosa però che
a nessun governo e a nessuna maggioranza è permesso di fare: votare il testo di
una legge e poi, servendosi dei poteri dell’esecutivo, farne applicare uno di
fatto diverso, forzandone una interpretazione che non corrisponde alla lettera
del testo stesso. Ciò non è permesso perché in tal modo viene cancellato quel
confine decisivo per ogni democrazia liberale che è il confine tra la legge e l’arbitrio.
È precisamente ciò, invece, che il ministro della Giustizia Castelli ha
cercato di fare quando ha preteso di estendere la sospensione obbligatoria di
qualunque iter giudiziario riguardante il presidente del Consiglio, che il
«lodo Maccanico» appena approvato prevede solo per la fase dibattimentale,
anche alla fase delle semplici indagini. Per l’appunto interpretando in tal
modo la legge, Castelli ha deciso l’altro giorno di bloccare una rogatoria
avviata dai magistrati milanesi negli Usa a proposito di eventuali falsi in
bilancio e frodi fiscali di cui si sarebbero resi colpevoli i vertici Mediaset e
l’onorevole Berlusconi. Ha deciso cioè di bloccare l’inchiesta.
Il fatto, per il rilievo dei
principi che mette in gioco, era e continua a essere di una gravità politica
indubbia. Lo ripetiamo: qui non si tratta di approvare la legge pure la più
discutibile, pure la più smaccatamente compiacente a pro di questo o di quello,
no, qui si tratta di manipolare con un atto d’imperio da parte del governo una
legge; si tratta, con un semplice provvedimento amministrativo, di far dire a
una legge ciò che essa non dice.
In realtà la Lega e il
ministro Castelli non sono nuovi a trasformarsi in guardia armata a difesa delle
esigenze giudiziarie del presidente del Consiglio. È la parte che essi si sono
scelti da tempo, immaginando (non a torto, crediamo) di potere così disporre
presso di lui di un’influenza particolare.
Ma se siamo bene informati, al
governo, insieme a Berlusconi e alla Lega, dovrebbero esserci - anzi siamo
sicuri che ci sono - pure degli altri partiti: Alleanza nazionale e l’Udc.
Ebbene, a noi continua a parere inconcepibile che di fronte a ciò che è
accaduto ieri e nelle ultime settimane (finte verifiche, finte cabine di regia,
rappattumamenti che con ogni evidenza non rappattumano nulla) i suddetti partiti
accettino ancora per molto la parte di semplici comprimari che di fatto hanno
finora ricoperto. Il cedimento dell’ultima ora da parte del ministro Castelli
dimostra che questa parte non è scritta in nessun libro del destino; e che, se
vogliono, An e Udc possono convincere il Paese che la destra ha vinto le
elezioni con un obiettivo alquanto più ampio che non quello di curare gli
interessi - giudiziari e no - dell’onorevole Berlusconi. |