La scuderia
giornalistica al servizio del cavalier Berlusconi conosce gli interessi del
padrone in politica estera: tenere i piedi in due staffe fra l´Europa e gli
Stati Uniti con preferenza per l´amico Bush, quello che dice di aver fatto la
guerra ai talebani e a Saddam per la democrazia. Donde la serie di editoriali e
commenti in cui, ricorrendo a Machiavelli o a Tacito, si ricorda che l´uso
della forza non sarà sempre commendevole, ma per dirla alla romanesca, ´quanno
ce vo´, ce vo´´. Insomma, con tutte le chiacchiere dei pacifisti, la feroce
dittatura di Saddam sarebbe ancora in piedi se la forza americana non avesse
aperto un processo di liberazione che dal Medio Oriente può irradiarsi nel
mondo.
Il servizio del padrone
assicura stipendi, collaborazioni e la sua benevolenza, ma questa tesi della
forza a fin di bene è una mistificazione a tutti i livelli del potere
imperiale. Marx diceva che il mulino a vento stava al capitalismo agrario come
quello a vapore al capitalismo industriale e sembra evidente che la rivoluzione
informatica gonfia le vele del capitalismo globale.
E allora, per cominciare si
dovrebbe spiegare che la democrazia esportabile, la democrazia autoritaria che
oggi è in vigore anche per i cittadini americani e italiani, la democrazia che
asseconda gli interessi dei Bush e dei Berlusconi è la democrazia senza
controlli del potere economico, senza frontiere, con il legislativo agli ordini
dell´esecutivo e una sostanziale impunità.
Ma anche ad ammettere che
questa democrazia riformata, limitata, adattata alla egemonia del profitto sia
l´unica praticabile nel contemporaneo, anche a sostenere che la forma
democratica rappresenta comunque una difesa dei diritti umani e della libertà,
chi può avere l´impudenza di sostenere che nella pratica essa stia in cima ai
pensieri della potenza americana?
Da dove è partita la forza
americana per restaurare la democrazia irachena? Dagli Stati arabi del Medio
Oriente, regno saudita ed emirati, da decenni presidiati dalle basi militari
statunitensi. In questi Stati la forza americana democratica non ha mosso un
dito contro regimi non solo autoritari, ma medioevali, arcaici, dominati da
aristocrazie reazionarie.
E nel resto del mondo come è
andata? È andata che i presidenti americani cambiavano, ma il sostegno
americano ai regimi antidemocratici restava, che le più feroci repressioni
antidemocratiche nel Sudamerica come nell´Indonesia sono state condotte con
l´avallo e la partecipazione degli Stati Uniti.
Che un impero si comporti da
impero rientra nella logica del potere, che esso preferisca dei protettorati
alle alleanze fra pari è fuori discussione, che le relazioni fra i popoli siano
sempre andate in questi modi siamo perfettamente d´accordo, ma che per far
piacere ai padroni si debba sostenere che questa è l´unica via alla democrazia
sembra eccessivo.
La democrazia autoritaria è
ancora democrazia? In parte sì, perché fa a meno dei lager e dei gulag, non
impedisce le migrazioni interne ed esterne, concede libertà di opinione e di
parola con la precauzione di riservare la proprietà dei mezzi di comunicazione
ai suoi oligopoli.
Stiamo apprendendo dai giornali
il programma di colonizzazione televisiva del gruppo Murdoch: sport, sesso e
pubblicità a dosi crescenti, un berlusconismo moltiplicato e potenziato da un
imprenditore che naturalmente è fra i più accesi sostenitori di George Bush e
del suo gruppo di potere militar-economico.
Ma il padrone va servito anche
a costo di rovesciare letteralmente lo stato delle cose, anche a costo di far
passare quel 6 o 7 per cento che si spartisce le ricchezze del mondo per i suoi
benefattori? |