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Lunedì  28 Luglio 2003 ESPRESSO on-line Giorgio BOCCA

I cantori della democrazia autoritaria

Servono il padrone pure a costo di far passare per benefattori
quei pochi che si spartiscono le ricchezze del mondo
La scuderia giornalistica al servizio del cavalier Berlusconi conosce gli interessi del padrone in politica estera: tenere i piedi in due staffe fra l´Europa e gli Stati Uniti con preferenza per l´amico Bush, quello che dice di aver fatto la guerra ai talebani e a Saddam per la democrazia. Donde la serie di editoriali e commenti in cui, ricorrendo a Machiavelli o a Tacito, si ricorda che l´uso della forza non sarà sempre commendevole, ma per dirla alla romanesca, ´quanno ce vo´, ce vo´´. Insomma, con tutte le chiacchiere dei pacifisti, la feroce dittatura di Saddam sarebbe ancora in piedi se la forza americana non avesse aperto un processo di liberazione che dal Medio Oriente può irradiarsi nel mondo.

Il servizio del padrone assicura stipendi, collaborazioni e la sua benevolenza, ma questa tesi della forza a fin di bene è una mistificazione a tutti i livelli del potere imperiale. Marx diceva che il mulino a vento stava al capitalismo agrario come quello a vapore al capitalismo industriale e sembra evidente che la rivoluzione informatica gonfia le vele del capitalismo globale.

E allora, per cominciare si dovrebbe spiegare che la democrazia esportabile, la democrazia autoritaria che oggi è in vigore anche per i cittadini americani e italiani, la democrazia che asseconda gli interessi dei Bush e dei Berlusconi è la democrazia senza controlli del potere economico, senza frontiere, con il legislativo agli ordini dell´esecutivo e una sostanziale impunità.

Ma anche ad ammettere che questa democrazia riformata, limitata, adattata alla egemonia del profitto sia l´unica praticabile nel contemporaneo, anche a sostenere che la forma democratica rappresenta comunque una difesa dei diritti umani e della libertà, chi può avere l´impudenza di sostenere che nella pratica essa stia in cima ai pensieri della potenza americana?

Da dove è partita la forza americana per restaurare la democrazia irachena? Dagli Stati arabi del Medio Oriente, regno saudita ed emirati, da decenni presidiati dalle basi militari statunitensi. In questi Stati la forza americana democratica non ha mosso un dito contro regimi non solo autoritari, ma medioevali, arcaici, dominati da aristocrazie reazionarie.

E nel resto del mondo come è andata? È andata che i presidenti americani cambiavano, ma il sostegno americano ai regimi antidemocratici restava, che le più feroci repressioni antidemocratiche nel Sudamerica come nell´Indonesia sono state condotte con l´avallo e la partecipazione degli Stati Uniti.

Che un impero si comporti da impero rientra nella logica del potere, che esso preferisca dei protettorati alle alleanze fra pari è fuori discussione, che le relazioni fra i popoli siano sempre andate in questi modi siamo perfettamente d´accordo, ma che per far piacere ai padroni si debba sostenere che questa è l´unica via alla democrazia sembra eccessivo.

La democrazia autoritaria è ancora democrazia? In parte sì, perché fa a meno dei lager e dei gulag, non impedisce le migrazioni interne ed esterne, concede libertà di opinione e di parola con la precauzione di riservare la proprietà dei mezzi di comunicazione ai suoi oligopoli.

Stiamo apprendendo dai giornali il programma di colonizzazione televisiva del gruppo Murdoch: sport, sesso e pubblicità a dosi crescenti, un berlusconismo moltiplicato e potenziato da un imprenditore che naturalmente è fra i più accesi sostenitori di George Bush e del suo gruppo di potere militar-economico.

Ma il padrone va servito anche a costo di rovesciare letteralmente lo stato delle cose, anche a costo di far passare quel 6 o 7 per cento che si spartisce le ricchezze del mondo per i suoi benefattori?


 

 
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