Un morto al giorno fra i
soldati americani in Iraq. O è una guerriglia organizzata o è un'insistente
diffusa collera popolare - e non è detto quale delle due ipotesi sia per gli
invasori più funesta. Certo non se ne vede la fine. E' stato meno che scarso il
giubilo che sarebbe dovuto seguire alla liberazione, neanche Bremer riesce a
formare un governo e un'amministrazione, si saccheggia, compra e vende tutto e
di tutto, i boys sono sottoposti a temperature meteorologiche e politiche
insopportabili, la sola autorità è quella degli imam, divisi fra sciiti e
sunniti, e in essa allignano quelle identità di «bricolage», come dice Khaled
Fuad Allan, che sono alla base delle guerre sante e dei fondamentalismi. E
quanto resti del partito Baath, le cui milizie parevano essersi sciolte sotto
l'attacco dell'esercito degli Stati uniti e della Gran Bretagna, non è chiaro.
Sicuramente non è un dopoguerra. E' una guerra permanente di bassa intensità,
come in Cecenia. E forse senza leader noti, anche se Bush mette ricompense
favolose per chi gli consegnerà Saddam Hussein - come è già successo a colui
che ha denunciato i suoi figli, salvo venir giustiziato dai suoi dopo - per
esporne il corpo e far vedere che dunque la guerra è vinta. Ma non era già
vinta? E chi dice che con la morte di Saddam cesserebbero le quotidiane
sparatorie? E come avviene che un paese che aveva buoni motivi per abominarlo,
oggi sembra abominare di più l'Occidente?
Bel risultato della nostra
civiltà. Lo aveva previsto soltanto il pacifismo, che non è semplicemente un
movimento non violento, ma il solo in grado di fare un'analisi corretta della
situazione e della natura controproducente di un attacco esterno su un mondo
come quello islamico sconvolto dalla modernizzazione e fracassato nelle sue
identità. E la guerra che ne ricompone oggi una elementare, vendicativa, in una
spirale senza fine. Se politica significa conoscenza dei fatti e previsione
degli sviluppi, Bush e Blair si sono dimostrati politicamente nulli. Non gli
resta che la forza militare, agitando la quale procedono a tentoni, minacciando
ora questo ora quello, ora l'Iran, ora la Siria, ora qualcuno in Arabia Saudita,
incapaci di imporre anche il loro proprio ordine. Agitano lo spettro di Al Qaeda
e lo evocano.
E' sconcertante il silenzio e
l'assenza di ogni iniziativa europea. I nostri leader continentali, quando non
si muovono come valletti di Bush, che è il caso dell'Italia e della Gran
Bretagna, non hanno né idee né parole. Eppure il Medioriente è nostro vicino,
abbiamo secolari motivi per conoscere quell'antica civiltà con cui abbiamo
conflitto ma ci siamo anche intrecciati. E per dubitare che si possa umiliarla e
zittirla all'infinita tenendosene il petrolio, come delirano gli ideologi
prossimi alla Casa bianca. Peggio, se l'Europa parla è per offrire i suoi
soldati a una pacificazione e ricostruzione che sono di là da venire, malamente
coperti dall'Onu. Ha perfino smesso di attaccare le menzogne utilizzate da Stati
uniti e Gran Bretagna sulla necessità della guerra: se mai esse sono state
inutili, perché la guerra si poteva fare lo stesso, leggiamo nelle nostre più
importanti gazzette. Saddam Hussein era un tiranno, è stato un bene abbatterlo,
e bisogna augurarsi che gli americani ci riescano, perché fra un gangster
democratico e uno coranico è meglio il primo. E questo sarebbe un ragionamento.
Se i popoli, quello americano
in testa, fossero altro che una congerie di consumatori, manderebbero a casa i
loro dirigenti e cambierebbero linea di 180 gradi. Se avessero a cuore la
democrazia dove non c'è, se ne occuperebbero come si fa con una fragile pianta,
che va annaffiata invece che prenderla a fucilate. Nessuno ha allargato le
radici dell'odio, in perfetto parallelismo con gli attentati dell'11 settembre,
quanto il documento che è seguito sulla new strategy americana: aumentare un
potenziale militare cui nessun esercito regolare potrebbe far fronte, fa
apparire il terrorismo come solo ricorso, non vincente ma capace di ferire a
lungo. E di esso nessuno riuscirà ad aver ragione finché ne rimangono le cause
e qualcuno è disposto a metterci la vita; non occorrono né grandi mezzi né
grandi numeri. Bush ha atomiche di varie dimensioni e flessibilità e il Medio
oriente ha avuto e avrà i suoi terroristi. Lo scontro di civiltà non c'entra.
C'entra un Occidente che è o invasore o assente, cui sfuggono velenosamente di
mano tutti i problemi del nuovo millennio. |