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Mercoled' 6 Agosto  2003 IL RIFORMISTA Autore

Tre indizi per una congiura di palazzo
Chi, dopo Berlusconi?

Addio Silvio? Mai come questa volta il giallo più giallo dell'estate italiana si sta consumando nei palazzi della politica. Dalla famosa discesa in campo sono trascorsi quasi dieci anni e da allora se ne sono dette e fatte di tutti colori. Ma bene o male il fattore B., secondo la definizione del presidente del Senato, il forzista Marcello Pera, ha resistito a tutto quello che doveva resistere, dai magistrati di Milano a una lunga traversata nel deserto e una seria malattia. Adesso, però, c'è qualcosa di diverso in questo inizio d'agosto romano, e non solo romano. E' come se un vento maligno spirasse inesorabile contro il Cavaliere.

Essendo un giallo bisogna parlare di indizi e il primo indizio è quello che in molti ambienti che contano si ragiona ormai solo in termini di «dopo-Berlusconi». Il caso più eclatante è quello di un noto costituzionalista, vicinissimo al Quirinale, che in più di un'occasione, in varie località estive, quasi esistesse un asse del mare contro il premier, ha interrogato i co-bagnanti su una «soluzione parlamentare per il dopo-Berlusconi». Non, quindi, elezioni anticipate, ma un altro governo con guida neodemocristiana di origine controllata. I candidati, come è noto, sono due: Pier Ferdinando Casini e Antonio Fazio. Attualmente il borsino degli allibratori vede in vantaggio il presidente della Camera sul governatore di Bankitalia, che i nemici già definiscono «Dini il minore». Tuttavia un autorevole forzista precisa: «Casini avrebbe bisogno di almeno altri due anni di tempo, muovendosi prima rischia solo di tornare a fare il capo di un piccolo partito di centro». Il secondo indizio è il più misterioso di tutti ed è apparso lunedì scorso sul Foglio con la sigla dell'Elefantino. Poche righe che fanno pensare a una svolta nei rapporti tra il premier e Giuliano Ferrara: «O questo governo riesce a governare liberamente, (...), oppure sta a chi lo guida, d'intesa con l'insieme del quadro istituzionale e con l'opposizione, di impostare una via d'uscita. Così non si può continuare». E Ferrara sarebbe talmente convinto che «così non si può continuare» che avrebbe anche deciso di andarsene due mesi negli Stati Uniti, nauseato dalla politica italiana. Un Cavaliere senza Elefantino ma anche, pare, senza Cerimoniere. Il terzo indizio è questo: lo sganciamento di Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, dal premier. Com'è nello stile dell'uomo, lo smarcamento in atto sarebbe molto sotterraneo, all'insegna dell'understatement. Per la prima volta, dopo tanti anni di fedeltà al Cavaliere, Letta avrebbe deciso di giocare in proprio (forte anche della sponda che gli avrebbero garantito dal colle più importante della repubblica?).

Ma quale sarebbe il timing della caduta annunciata? Come per Giulio Cesare, anche per Silvio si indicano come fatali le Idi di Marzo, quando il semestre non ci sarà più e forse neanche il lodo Maccanico, cancellato dalla Consulta. Ovviamente, il Cavaliere resisterà sino all'ultimo. Già l'idea di essere considerato un dead man walking, riferiscono, lo irrita parecchio. Al momento l'unica via d'uscita che ha disposizione è questa: un bel rimpastone da offrire soprattutto ad An e Udc. Solo un terzo governo Berlusconi potrebbe forse salvare il premier. Magari un governo che arrivasse sino alla fine della legislatura, realizzando pure le riforme istituzionali. In Forza Italia ancora ci credono, con l'obiettivo nemmeno tanto nascosto di trascinare poi il dead man walking fino al Quirinale. E, a quel punto, saranno passati anche i due anni necessari per coronare le aspirazioni di Casini. In ogni caso da agosto a marzo prossimo sono otto lunghi mesi. Il dopo-Berlusconi è iniziato in questi giorni.


 

 
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