Addio Silvio? Mai come
questa volta il giallo più giallo dell'estate italiana si sta consumando nei
palazzi della politica. Dalla famosa discesa in campo sono trascorsi quasi dieci
anni e da allora se ne sono dette e fatte di tutti colori. Ma bene o male il
fattore B., secondo la definizione del presidente del Senato, il forzista
Marcello Pera, ha resistito a tutto quello che doveva resistere, dai magistrati
di Milano a una lunga traversata nel deserto e una seria malattia. Adesso,
però, c'è qualcosa di diverso in questo inizio d'agosto romano, e non solo
romano. E' come se un vento maligno spirasse inesorabile contro il Cavaliere.
Essendo un giallo bisogna
parlare di indizi e il primo indizio è quello che in molti ambienti che contano
si ragiona ormai solo in termini di «dopo-Berlusconi». Il caso più eclatante
è quello di un noto costituzionalista, vicinissimo al Quirinale, che in più di
un'occasione, in varie località estive, quasi esistesse un asse del mare contro
il premier, ha interrogato i co-bagnanti su una «soluzione parlamentare per il
dopo-Berlusconi». Non, quindi, elezioni anticipate, ma un altro governo con
guida neodemocristiana di origine controllata. I candidati, come è noto, sono
due: Pier Ferdinando Casini e Antonio Fazio. Attualmente il borsino degli
allibratori vede in vantaggio il presidente della Camera sul governatore di
Bankitalia, che i nemici già definiscono «Dini il minore». Tuttavia un
autorevole forzista precisa: «Casini avrebbe bisogno di almeno altri due anni
di tempo, muovendosi prima rischia solo di tornare a fare il capo di un piccolo
partito di centro». Il secondo indizio è il più misterioso di tutti ed è
apparso lunedì scorso sul Foglio con la sigla dell'Elefantino. Poche righe che
fanno pensare a una svolta nei rapporti tra il premier e Giuliano Ferrara: «O
questo governo riesce a governare liberamente, (...), oppure sta a chi lo guida,
d'intesa con l'insieme del quadro istituzionale e con l'opposizione, di
impostare una via d'uscita. Così non si può continuare». E Ferrara sarebbe
talmente convinto che «così non si può continuare» che avrebbe anche deciso
di andarsene due mesi negli Stati Uniti, nauseato dalla politica italiana. Un
Cavaliere senza Elefantino ma anche, pare, senza Cerimoniere. Il terzo indizio
è questo: lo sganciamento di Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del
Consiglio, dal premier. Com'è nello stile dell'uomo, lo smarcamento in atto
sarebbe molto sotterraneo, all'insegna dell'understatement. Per la prima volta,
dopo tanti anni di fedeltà al Cavaliere, Letta avrebbe deciso di giocare in
proprio (forte anche della sponda che gli avrebbero garantito dal colle più
importante della repubblica?).
Ma quale sarebbe il timing
della caduta annunciata? Come per Giulio Cesare, anche per Silvio si indicano
come fatali le Idi di Marzo, quando il semestre non ci sarà più e forse
neanche il lodo Maccanico, cancellato dalla Consulta. Ovviamente, il Cavaliere
resisterà sino all'ultimo. Già l'idea di essere considerato un dead man
walking, riferiscono, lo irrita parecchio. Al momento l'unica via d'uscita che
ha disposizione è questa: un bel rimpastone da offrire soprattutto ad An e Udc.
Solo un terzo governo Berlusconi potrebbe forse salvare il premier. Magari un
governo che arrivasse sino alla fine della legislatura, realizzando pure le
riforme istituzionali. In Forza Italia ancora ci credono, con l'obiettivo
nemmeno tanto nascosto di trascinare poi il dead man walking fino al Quirinale.
E, a quel punto, saranno passati anche i due anni necessari per coronare le
aspirazioni di Casini. In ogni caso da agosto a marzo prossimo sono otto lunghi
mesi. Il dopo-Berlusconi è iniziato in questi giorni. |