Verso le elezioni europee
Gli incandidabili: Berlusconi, Fini, Bossi...
di Simone Collini - 2 Giugno 2004
Li hanno chiamati candidati «finti», o «virtuali». Sono stati accusati
di «prendere in giro» gli elettori. Loro, incuranti, vanno avanti per la
loro strada.
Ora stanno anche mandando lettere a casa degli
italiani per chiedere di essere votati. Anche se già si sa, senza dover
aspettare il 14 giugno e vedere se verranno eletti o meno, che non
andranno mai a Strasburgo. Sono una dozzina dei 1.586 candidati che si
presentano alle elezioni europee. Sono i membri del governo italiano che
si candidano nelle teste di lista di Forza Italia, An, Lega, Udc.
Il re degli ineleggibili, si sa, è il presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi. Ma non sono da meno il vicepremier Gianfranco Fini e tutti i
ministri e sottosegretari della Casa delle libertà che hanno scelto di
candidarsi alle europee. Per carità, la legge parla di
«incompatibilità»: «il membro di un governo di uno Stato membro» dell’Unione
- si legge nel testo approvato dal Consiglio europeo nel ‘76 e
ratificato dall’Italia l’anno successivo - non è compatibile con «la
carica di rappresentante al Parlamento europeo». Ma è anche soltanto
verosimile che Berlusconi si dimetta da presidente del Consiglio per
andare ad occupare uno dei 78 seggi che a Strasburgo vengono riservati all’Italia?
O che dopo il 14 giugno si vada a un rimpasto di governo perché qualche
ministro si dimetterà? Per giuristi e politologi (ma sono in ben più
ampia compagnia) no. Nessuno ricorda un caso del genere, e anzi viene
richiamato alla memoria un caso inverso: il democristiano Francesco Maria
Malfatti che nel 1972, dopo aver ricoperto per due anni la carica di
presidente della Commissione europea, si dimise per partecipare alle
politiche italiane.
Berlusconi è candidato come capolista di Forza Italia in tutte e
cinque le circoscrizioni. Il capo del governo non ha voluto candidare
nessun «incompatibile» del suo partito, ovviamente all’infuori di lui.
Ora ha spedito 15 milioni di lettere per dire che lui è «un candidato di
bandiera» e per sottolineare che «le preferenze» che gli verranno
attribuite non serviranno per mandarlo a Strasburgo, perché ciò non è
possibile, ma «varranno da riconoscimento per quello che sono riuscito a
fare come principale protagonista di politica estera».
Anche il vicepremier Fini si candida come capolista di An dal Nord al
Sud, isole comprese. Poteva Fini essere da meno di Berlusconi? Non poteva.
E allora ecco che anche il leader di An ha spedito in questi giorni 4
milioni di lettere. Meno di quelle di Forza Italia, ma scritte ad hoc per
diverse categorie di cittadini. Ai giovani che voteranno per la prima
volta, Fini scrive «qualcuno già ti dice che è inutile, tanto non
cambia niente. Digli che non è vero, digli che votare è un tuo diritto,
un tuo dovere, ma soprattutto digli che votare Alleanza Nazionale è
utilissimo». Nelle lettere spedite agli abitanti dei piccoli comuni si
tessono le lodi di una legge voluta da An per loro. A militari e forze
dell’ordine si dice che la «tradizionale vicinanza» tra loro e An «ha
bisogno di essere ribadita e allargata». Ai medici scrive che «An è
schierata a difesa del sistema sanitario nazionale, equo e solidale». E
così via. Non si dice, invece, che i voti dati a Fini, al ministro per le
Comunicazioni Gasparri, a quello dell’Agricoltura Alemanno, dell’Ambiente
Matteoli, degli Italiani all’estero Tremaglia, nonché i voti dati ai
sottosegretari Urso e Berselli, serviranno per mandare a Strasburgo non
loro ma qualcun altro.
La Lega presenta come capolista in tutte le circoscrizioni Umberto Bossi,
ministro per le Riforme. La sua candidatura è stata ufficializzata dal
Carroccio dopo che il loro leader è stato colpito dal pesante malore dell’11
marzo. Anche l’Udc schiera in campo i suoi ministri: Carlo Giovanardi
(Rapporti con il parlamento) nella circoscrizione Nord Est, insieme anche
al sottosegretario all’Economia Gianluigi Magri, e Rocco Buttiglione
(Politiche comunitarie) in quella Sud. Anche loro, con l’incompatibilità,
c’entrano.
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