Il riscatto.
Per i tre ostaggi italiani pagati nove milioni di dollari
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Una fonte di PeaceReporter rivela:
"Gli ostaggi italiani sono stati consegnati alle forze Usa, non
c'e' stato nessun blitz". La consegna sarebbe avvenuta al
numero 17 di Zaitun street ad Abu Ghraib. Un vicino conferma:
"Gli americani in borghese sono arrivati al mattino e se ne
sono andati con quattro persone" |
10 giugno 2004 - ''Quella casa al numero 17 di Zaitun Street era disabitata
da almeno due mesi. Fino a lunedi'sera tardi (7 giugno, n.d.r.) quando,
intorno alle 23, si e' sentito un gran trambusto. Io, che abito al 13, ho
visto arrivare alcune auto e fermarsi davanti a quella casa. Sono entrate un
po' di persone. Era buio, non abbiamo visto bene. Poco dopo se ne sono
andati via ed e'tornata la calma".
"Il mattino seguente, intorno alle 9:30, sono arrivate cinque auto
militari americane, di colore verde oliva. Si sono fermate davanti a quella
casa. Ne sono scesi alcuni uomini vestiti in abiti civili e con gli occhiali
scuri. Erano sicuramente uomini del mukhabarat (servizio segreto, n.d.r.)
americano. Hanno aperto la porta dell'abitazione, senza forzarla, come se
fosse gia'aperta, e sono riusciti subito con solo quattro uomini, che poi
abbiamo saputo essere i tre ostaggi italiani e un ostaggio polacco. Li hanno
caricati su un furgoncino bianco e se ne sono andati via. Il tutto con la
massima calma. Non e' stato sparato un colpo. Nella casa, a parte gli
ostaggi, evidentemente non c'era piu' nessuno. Non e'stato assolutamente un
blitz militare come e' stato annunciato tre ore dopo. Quelli sono tutta
un'altra cosa. Li' si e' trattato di una semplice presa in consegna. Gli
americani sono andati lli'a colpo sicuro. Sapevano che gli ostaggi erano
stati portati la'. Si erano messi d'accordo. Il vostro governo ha pagato un
riscatto: nove milioni di dollari. Qui ormai lo sanno tutti. Adesso pero'
basta parlare al telefono, non e'sicuro".
A parlare, raggiunto al telefono da PeaceReporter, e' un iracheno, il signor
Fahad, che assieme ad altri due suoi vicini, il signor Mohammed e il signor
Ibrahim, e' stato testimone oculare della liberazione di Agliana, Cupertino
e Stefio. Fahad parla dalla sua casa, al 13 di Zaitun Street, ad Abu Ghraib,
il sobborgo occidentale di Baghdad divenuto tristemente famoso per lo
scandalo delle torture sui prigionieri iracheni. La sua versione dei fatti
e' confermata da un'altra fonte irachena raggiunta da PeaceReporter, vicina
al braccio politico della guerriglia. Una fonte che ha voluto rimanere
anonima, e che ha fornito la sua versione di tutta la vicenda del sequestro,
delle trattative e della liberazione.
La fonte inizia facendo un nome, quello di Salih Mutlak. "Mutlak - dice
- e' un facoltoso commerciante iracheno arricchitosi con le speculazioni e
il contrabbando durante il periodo dell'embargo. Da molti e' definito
semplicemente come un 'mafioso'. Lui e' il personaggio chiave della vicenda
della liberazione dei tre ostaggi italiani, assieme al gia' noto Abdel Salam
Kubaysi (solo un omonimo di Jabbar al-Kubaysi), ulema sunnita e docente all'universita'
di Baghdad, salito all'onore delle cronache televisive internazionali per il
suo ruolo nella trattativa per il rilascio - dietro pagamento di riscatto -
degli ostaggi giapponesi".
Secondo la fonte, con Mutlak e con Kubaysi il governo italiano avrebbe
trattato segretamente per settimane al fine di ottenere il rilascio di
Agliana, Cupertino e Stefio, rapiti il 12 aprile assieme a Quattrocchi,
ucciso il 14 aprile. Si scoprira' poi che aveva in tasca un porto d'armi
rilasciato dalle forze britanniche e un pass della Coalizione.
I contatti tra i nostri servizi segreti, il Sismi, e la coppia
Mutlak-Kubaysi sono iniziati subito dopo quei tragici giorni, e gia' il 20
aprile erano cominciate a trapelare notizie sull'accordo con il governo
italiano per il pagamento di un riscatto di 9 milioni di dollari. Il 22 era
stato lo stesso governatore italiano di Nassiriya, Barbara Contini, a
lasciarsi scappare che non c'era nulla da stupirsi del fatto che il governo
pagasse un riscatto. "Si e'sempre fatto cosi', aveva detto. Subito dopo
aveva smentito questa dichiarazione, e il ministro degli Esteri, Franco
Frattini, aveva detto che si trattava di "storie prive di
fondamento". Lo stesso giorno, una qualificata fonte dei servizi
segreti italiani rivelava all'agenzia Ansa: "La trattativa, avviata da
giorni, e' gia' stata definita in tutti i suoi aspetti, sia para-politici,
sia economici. Quello che dovevamo fare l'abbiamo fatto". Dopo questa
burrasca il Sismi ha protestato per queste fughe di notizie che rischiavano
di far saltare le trattative in corso. A quel punto, il governo ha deciso di
imporre il silenzio stampa assoluto sulla vicenda.
"Le trattative - spiega la fonte - sono proseguite fino a quando,
all'inizio di maggio, Salih Mutlak e' andato in aereo a Roma. Ragione
ufficiale del suo viaggio: affari. E' rimasto nella capitale italiana per
una ventina di giorni, tornando a Baghdad alla fine di maggio con una
valigetta piena di soldi. Cinque milioni di dollari, prima tranche di un
riscatto complessivo di nove milioni di dollari. Gli altri quattro, questi
erano gli accordi da lui presi, sarebbero stati consegnati ai rapitori dopo
la liberazione degli ostaggi".
Dopo il ritorno di Mutlak con i soldi, nei primi giorni di giugno si e'
consumato un duro scontro all'interno delle fila dei guerriglieri iracheni.
Da una parte il braccio 'militare' dei guerriglieri, quelli che detenevano
materialmente gli ostaggi e che, tramite Mutlak e Kubaysi, erano in contatto
con il governo italiano: per loro l'importante era solo incassare il
malloppo. Dall'altra parte il braccio 'politico' che non voleva fare la
figura di una banda di delinquenti che rapiscono per soldi e che quindi non
volevano accettare il riscatto.
"Noi ci siamo opposti a questo gioco sporco. Questa storia del riscatto
e della messa in scena della liberazione - sostiene la fonte - avrebbe
rovinato l'immagine della nostra causa, facendoci passare per dei volgari
banditi, e poi avrebbe giovato al governo italiano e quindi prolungato
l'occupazione militare dell'Iraq. Noi volevamo consegnare gli ostaggi, senza
alcun riscatto, nelle mani di rappresentanti del mondo pacifista italiano,
sia laico che cattolico, con cui eravamo gia' un contatto da tempo e con i
quali eravamo vicinissimi a una conclusione".
Ancora domenica scorsa 6 giugno, i rappresentanti della Santa Sede in Iraq
si dicevano infatti certi che la liberazione dei tre italiani sarebbe stata
questione di ore. Anche il governo italiano sentiva che la questione era
giunta a un punto decisivo: venerdi' scorso, 4 giugno, il ministro Frattini
ha annullato una sua importante visita a Tokyo per "motivi
familiari". Forse quello e' stato un giorno decisivo.
"Alla fine - prosegue la fonte, con tono infuriato - l'hanno spuntata i
'militari' senza scrupoli, che nei giorni scorsi, assieme a Mutlak, hanno
organizzato in gran segreto il trasferimento dei tre ostaggi italiani dal
loro luogo di detenzione, cioe' Ramadi, un centinaio di chilometri a ovest
di Baghdad, fino alla periferia occidentale della capitale, nel sobborgo di
Abu-Ghraib. I tre sono stati lasciati in una casa e poi la loro posizione
e'stata comunicata ai servizi italiani e a quelli americani perche' li
venissero a prelevare. Il loro piano era di far sembrare tutto come un blitz
militare che si concludesse con l'arresto dei sequestratori. Ma non e'
andata cosi'.
E in effetti, fonti vicine ai servizi italiani hanno rivelato che i due
arresti effettuati in connessione con il presunto blitz erano in realta'
solo due pastori iracheni, che nulla avevano a che fare con la guerriglia e
che erano stati pagati per farsi trovare la'. Di certo, il fatto che a
condurre l'operazione siano stati militari americani, e non italiani,
preclude alla magistratura una effettiva indagine sui
"liberatori".
In Iraq, al mercato nero delle armi, un kalashnikov costa tra i venti e i
trenta dollari. Con nove milioni di dollari se ne possono comprare centinaia
di migliaia.
Enrico Piovesana
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