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LA PADANIA - 7 Lug 1999
Berlusca ancora dai giudici
di EMILIO PARODI

Invito a comparire al Cavaliere e a Previti, il 12 luglio, per l’interrogatorio di garanzia. I due soci sospettati di corruzione nell’acquisto della Mondadori
 
Dopo gli scambi di cortesia di due domeniche fa, il pool Mani pulite torna a "pressare" Silvio Berlusconi. Con un invito a comparire il 12 luglio in procura - a lui, Previti, due avvocati e un giudice romano - per concorso in corruzione giudiziaria.
Si tratta dell’inchiesta sul cosiddetto "lodo Mondadori": l’accusa sostiene che la sentenza della corte d’Appello Civile di Roma che il 14 gennaio ’91 diede ragione alla famiglia Mondadori contro Carlo De Benedetti, consentendo la scalata del Cavaliere al gruppo editoriale di Segrate, fu in realtà "comprata".
È l’ultima inchiesta del Pool su Berlusconi ancora in indagini preliminari, esclusa quella sul presunto mega-falso in bilancio Fininvest. E contrariamente al solito, questo nuovo atto dei pm milanesi è stato accolto da Berlusconi con misura, forse proprio per effetto della "tregua" di due settimane fa.
"Credo si tratti di un atto dovuto a tutela degli imputati", ha dichiarato il Cavaliere. Scivolando nella solita commistione fra problemi giudiziari personali e consenso politico, aggiungendo poi che "tutte le sentenze i magistrati le pronunciano nel nome del popolo italiano. Io ho avuto la fiducia di un italiano su 4, quindi credo che il signor Berlusconi abbia avuto la piena fiducia del popolo".
Bene. I cinque inviti a comparire sono il segno che l’inchiesta è ormai pressoché chiusa, visto che gli indagati sono chiamati a rendere il cosiddetto "interrogatorio di garanzia", prima che la procura presenti le richieste di rinvio a giudizio o archiviazione.
Oltre a Berlusconi e Cesare Previti, lunedì, a distanza di un’ora l’uno dall’altro (si parte col Cavaliere alle 14), sono chiamati a presentarsi anche gli avvocati romani Giovanni Acampora e Attilio Pacifico, e il giudice Vittorio Metta, all’epoca consigliere istruttore del collegio giudicante presso la corte d’Appello Civile di Roma.
Nell’invito a comparire, i cinque sono indagati di concorso in corruzione giudiziaria "perché... versavano somme di denaro a Metta Vittorio... affinché questi violasse i propri doveri di imparzialità, segretezza, indipendenza e probità nell’espletamento della propria funzione pubblica allo scopo di favorire la famiglia Mondadori/Formenton (ed in conseguenza Silvio Berlusconi) nel giudizio - promossa dalla stessa a seguito di impugnazione del lodo arbitrale numero 58 del 20 giugno ’90 - che la vedeva opposta, dinanzi alla corte d’Appello Civile di Roma, alla "Compagnie Industriali Riunite Cir spa" - società riconducibile al gruppo dell’ingegner Carlo De Benedetti - giudizio definito con sentenza numero 259/91 del 14 gennaio 1991". Nell’invito vengono poi ricostruiti i singoli ruoli dei cinque.
Berlusconi, "attraverso articolate operazioni finanziarie utilizzando società del "comparto estero" del gruppo Fininvest", avrebbe bonificato nel febbraio del ’91 "a favore del conto "Mercier" della Darier Hentch di Ginevra di Previti Cesare, la somma di 2.732.862 dollari" "allo scopo di metterle a disposizione di Metta Vittorio".
Secondo l’accusa, Previti "bonificava parte di tale somma, ed esattamente un miliardo e mezzo di lire, ad Acampora Giovanni al conto "Careliza Trade" presso la Bil Lussemburgo, perché lo stesso le tenesse a disposizione di Vittorio Metta". L’invito recita poi che Giovanni Acampora "tenendo la somma a disposizione di Metta, retrocedeva a Previti l’importo di lire 425.000.000 (bonifico del primo ottobre ’91)".
Previti poi "provvedeva a destinare l’importo ricevuto a favore di Attilio Pacifico al conto "Pavoncella" della banca del Sempione di Lugano (bonifici dell’11 ottobre ’91)". Attilio Pacifico "dopo averla ricevuta, prelevava la somma in contanti, il 15 ed il 17 ottobre ’91, dal conto "Pavoncella" provvedendo a farla rientrare in Italia per rimetterla a favore di Vittorio Metta che la utilizzava per il pagamento "in nero" per l’acquisto di un immobile".
Il giudice civile Metta infine "accettava prima la promessa e riceveva poi quantomeno 400 milioni per decidere il giudizio in modo favorevole alla famiglia Mondadori..., utilizzandoli per il pagamento di un immobile acquistato... per la sua figlia".

 
 

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