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LA PADANIA - 7 Mag 1998
Gheddafi, Craxi, Berlusca: soci in affari
di ....
FEDERCONSORZI / 3 - Il piano del finanziere Fiorini per mettere
le mani sul patrimonio della holding agricola. Nella rete distributiva dei Consorzi dovevano
inserirsi Tamoil e Standa.
Abbiamo rischiato di trovarci pure i libici nell'affare del
crac Federconsorzi.
Evidentemente non bastavano i Mig a sorvolare il Paese
o a giocare alla guerra con la Nato sui cieli di Ustica. La svendita del
patrimonio Fedit, tutto compreso, dai palazzi di Roma coi loro quadri, le
loro collezioni d'arte inventariate persino da Federico Zeri (che magari
vorremmo sapere che fine hanno fatto), sino ai cereali nei silos della
Padania, per arrivare alla Polenghi, tutto, ma dico, proprio tutto, doveva
finire sul tavolo del colonnello libico.
Cosa ne avrebbe fatto poi non lo
sappiamo, ma di certo questo regalo ci pare piuttosto singolare.
Quantomeno anomalo. Come se di compratori, di acquirenti interessati non
ne fossero esistiti altri sulla piazza.
ETERNI AMICI PER LA PELLE Ma
facciamo, è d'obbligo, un passo indietro. I protagonisti di questa storia,
tutta intenzionata a fare affari con un Paese sul quale era stato
decretato nel 1992, anno in cui si svolgono i fatti che andiamo a
raccontare, persino un embargo dell'Onu, finiscono tutti in -isti. O in
-ista, se vogliamo analizzare la vicenda soggetto per soggetto.
Socialista
era il finanziere Florio Fiorini, in carcere a Ginevra per il crac della
sua società, la Sasea. Fu testimone di straordinari intrecci affaristici
della prima Repubblica, come le super tangenti Enimont, o come, ad
esempio, il "transito" di certe operazioni finanziarie sul Banco Espanol
de Credito, il Banesto, all'epoca di Felipe Gonzales, pure lui socialista,
s'intende.
IL COMMISSARIO LOCATELLI E Federconsorzi? Ci arriviamo. Scrive
Fiorini nel suo memoriale pubblicato a stralci dal settimanale L'Espresso
il 24 ottobre '93 alla vigilia del primo grande dibattimento contro Sergio
Cusani per la storia Enimont: «Roma, 1992. Mi chiama Pompeo Locatelli».
Rinfreschiamoci la memoria: è quello stesso Locatelli, commercialista
socialista, indicato dal ministro Goria nella terna dei commissari di
Federconsorzi. Bene, proseguiamo. «Locatelli ci ha rifilato un bidone,
qualche anno prima, e ha un debito di riconoscenza con me.
Mi propone di
studiare un piano per la Federconsorzi». SARÀ UN PIANO DEL GAROFANO Ci
tiene, Fiorini, a rivendicare la paternità della scalata alla
Federconsorzi. In queste righe c'è tutta la preoccupazione di "fregare" in
volata un'altra cordata di finanzieri, che escono questa volta dal ventre
della Balena Bianca. È uno scontro tra titani.
Sentite cosa
scrive.«Naturalmente sarà un piano socialista, perché i democristiani
hanno già messo al lavoro la Akros di San Roveraro (la finanziaria
presieduta dal diccì Gianmario Roveraro, in corsa con Sergio Cragnotti,
già vicepresidente Montedison, anche per rilevare la Polenghi Lombarda,
n.d.r.). Mi faccio dare i dati, e poi l'idea mi viene. Allora: ci sono
debiti per 5mila miliardi.
Proponi un concordato al 40 per cento in
contanti (suggerisce Fiorini a Locatelli, n.d.r.). Non conversione dei
debiti». IL CONCORDATO PIACEVA A CRAXI Un momento, per favore: se non
abbiamo capito male, l'idea di spingere sul concordato, per aggiustare
sotto banco le cose, ed evitare la dichiarazione di fallimento, per
portare i libri contabili in Tribunale, arriva pure dal Psi craxiano.
Prosegue Fiorini: «Se le banche il piano nostro lo accettano, bene. Sennò
accetteranno quello di Roveraro. Allora, hai comperato tutti gli arrivi
per 2mila miliardi. Hai gli immobili: mille miliardi. I crediti li incassi
e ci paghi i fornitori. Ti rimane un po' di cassa».
TAMOIL, STANDA E
PARMALAT. Dopo, ho un'organizzazione di vendita in tutti i comuni d'Italia.
Ci vendo i prodotti petroliferi della Tamoil, i prodotti alimentari della
Parmalat. Ogni negozio, in ogni comune, mi diventa un corrispondente della
Standa (prima di diventare di proprietà di Silvio Berlusconi, era in mano
alla Montedison di Raoul Gardini, n.d.r.). E poi raccolgo i prodotti
agricoli come faceva Fedit, ma sui base privata.
E chi lo fa? Ma i
contadini della Ferruzzi. Allora con Callisto Tanzi (a quel tempo patron
della Parmalat, n.Sd.r.) ci parlo io». A Tripoli ci vado io Con il
Berlusca e i Ferruzzi - scrive Fiorini - non ci può parlare che Sergio
Cusani. Non è stato forse il paraninfo della cessione della Standa dalla
Montedison alla Fininvest?».
Si profila con chiarezza il ruolo di Fiorini
nella trama dei rapporti tra il Psi della finanza e il governo di Tripoli.
Rapporti non casuali, non occasionali.
FACCIAMO LA CASA DELLA LIBIA «Sono
stato a Tripoli. Vado a trovare per primo come al solito Omar Muntasser.
Ministro, gli dico, comperiamo la Federconsorzi? Siccome parla l'italiano
meglio di me, gli spiego (...). Gli immobili ce li teniamo.
C'è un
bellissimo immobile nel centro di Roma. Quadri bellissimi. Le ho portato
le foto. Vede, c'è un Guercino. Ci mette l'ambasciata, la sede della
Tamoil e della Ubae. Lo chiamiamo la "Bet al Libya", la casa della Libia».
Ecco cosa stava accadendo dietro il commissariamento del ministro Goria,
commissariamento sponsorizzato da Giulio Andreotti. Ed ecco cosa si celava
dietro la richiesta di concordato preventivo che galoppava a gran velocità
con il nulla osta del presidente del Tribunale fallimentare di Roma, Ivo
Greco.
Ma andiamo avanti nella lettura del diario del finanziere
socialista.
BERLUSCONI PUÒ ENTRARE «Ritorno da Tripoli - narra non senza
un velato compiacimento -, benedetto dal ministro e dal maggiore (una
spalla di Gheddafi). Vado a trovare Cusani. Il progetto gli piace. "Ci
lavoro", mi dice, "mi faccio vivo".
Mi richiama dopo una settimana. La
gens berlusconiana è stata contattata. "È d'accordo per studiare il
progetto. Appena lo abbiamo approfondito ne parleremo con Sua Emittenza
(...) Ho parlato con i massimi, Giancarlo Foscale"».
ECCO L'ASSE:
PSIBISCIONE-GHEDDAFI C'è dunque un asse finanziario ben chiaro nel futuro
di Federconsorzi. Fininvest, finanza socialista, Partito socialista,
governo di Gheddafi? Tutti sulla torta di Federconsorzi? È così? Doveva
essere un bell'affare per catturare così tanta attenzione. Altro che
azienda decotta, da buttar via.
LA BALENA BIANCA PERÒ INCOMBE C'è comunque
un piccolo intoppo nell'operazione. E non si tratta, considerato poi
l'esito di tutta l'operazione finanziaria, di un dettaglio trascurabile,
di una cosa da poco. Florio Fiorini lo spiega così, con le sue parole: «La
segretaria di Cusani mi ha convocato in ufficio. Male, penso io.
Infatti
mi dice di averne parlato ai Ferruzzi. Arturo sembra interessato. Ma
Garofano mica è tanto caldo. certo, che bischero sono stato! Garofano sa
che Roveraro sta studiando l'operazione e non vuole che rompiamo i
coglioni al suo collega opusduessino (Garofano era dell'Opus Dei, n.d.r.).
Maledetto Pippo il cardinale, penso tra me (Garofano era soprannominato
così per la sua frequentazione della curia romana, n.d.r.)».
L' "OPUS
DEI"CI METTE IL BECCO Come circuitare il progetto democristiano di
acquisizione di Fedit? I socialisti ci pensano un po' su e poi si muovono:
«Locatelli, dammi le carte. Assumi una persona che lavorava alla
Federconsorzi per capire i dati ce riesci a trovare. Fai fare una
valutazione degli immobili.
Fai sapere a Giovanni Goria, il ministro
dell'Agricoltura, che se facciamo un'offerta non è contro di lui (volevano
forse allungargli una stecca? La democrazia cristiana, una parte della Dc,
sarebbe stata disponibile a chiudere la bocca se "imboccata" a dovere dai
socialisti?, n.d.r.).
Parla con la Sumitomo perché senta il parere delle
banche estere. Calcola quante tangenti devi mettere da parte (...)».Eh sì,
il sistema va oliato così. Se la ragionevolezza non è una virtù, il denaro
può tuttavia rendere molto virtuosi. Anche santi, e molto silenziosi, se
serve. Il racconto sta per finire e, con lui, anche il tempo a
disposizione per portare a porto l'affare.
Un grande affare. Immobili,
beni artistici dimenticati dalle Sovrintendenze, dai musei. Collezioni con
Giulio Romano e altri artisti, si sommano all'immenso patrimonio di
Federconsorzi, con tutta la sua rete capillare di distribuzione, pronta
per essere sfruttata a puntino dai nuovi canali di vendita della Standa,
delle pompe di benzina e gasolio della Tamoil, addirittura, si ventila,
punti di vendita della Parmalat.
Il tempo però corre, si arriva all'estate
del 1992.VIENE DISTRIBUITO IL PROGETTO «Il progetto è pronto. Distribuiamo
copia ai destinatari».
Quali? Chi? Il ministro all'Agricoltura, Giovanni
Goria? L'allora governatore di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi, che aveva
sul groppone del Tesoro i debiti per gli ammassi grano? I tre commissari
liquidatori, Cigliana, Locatelli e Gambino? Le segreterie dei partiti
interessati, Psi e Dc? Il senatore Giulio Andreotti, supervisore delle
operazioni di commissariamento? La Fininvest di Berlusconi? La Montedison
di Gardini? Il finanziere Sergio Cusani? Il governo libico? E cosa può
dire Gianmario Roveraro, della finanziaria Akros?
CHI HA IN MANO QUELLE
CARTE? Che non sia il caso di chiarire tutta questa vicenda? Non ci sono
forse elementi sufficienti perché la magistratura ci guardi almeno dentro?
Lo ha già fatto? E le Commissioni d'inchiesta su Fedit, quella della
passata legislatura e quella appena insediata, ne sanno qualcosa?
Gli
attuali commissari non avrebbero magari il prurito di sentire qualcuno di
questi soggetti per aggiungere un tassello alla storia del crac? FIORINI
HA FALLITO Sentite poi come chiude Fiorini: «Vedremo che bomba farà
l'offerta. Qualche giornale ha già parlato dei libici che vogliono
comperare la Federconsorzi. Questo è Pippo che ci boicotta. poi viene
settembre. La Sasea fallisce. Io vado in prigione. Arturo e Muhammar non
saranno mai padroni della Federconsorzi».
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