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REPUBBLICA - 21 Feb 2001
IL CARNEVALE DELLE ELEZIONI
di CURZIO MALTESE
Il "format" all’italiana del Carnevale elettorale.
NON si riesce a capire perché i cittadini della sesta potenza della terra, l'Italia, non abbiano diritto a una campagna elettorale più simile a quella delle altre democrazie che al Carnevale di Viareggio. L'opinione pubblica europea ne sembra più colpita e stupita, ma non è detto che la nostra sia rassegnata al peggio. Non si capisce neppure perché Silvio Berlusconi, che ha fatto fortuna comprando format televisivi americani, respinga con tutte le forze l'adozione di format democratici occidentali di consolidato successo, senza i quali lo spettacolo della politica bipolare all'italiana precipita appunto, in una mascherata.
Fra i "format" democratici in vigore nelle democrazie americana ed europee, ieri il Cavaliere, in un colpo solo, ne ha bocciati tre essenziali. Il primo, una seria legge sul conflitto d'interessi sul modello del "blind trust". "Roba da regimi dell'Est", "dettata da invidia sociale", dice Berlusconi. Davvero l'uomo che esorta i giovani a studiare l'inglese non sa che il "blind trust" è il sistema in vigore negli Stati Uniti? Oppure considera gli italiani tanto provinciali e ignoranti da non saperlo?
Il secondo punto è la sostanziale parità di risorse economiche spendibili nella campagna dai due candidati, quale che sia il patrimonio personale e la provenienza sociale. Si è molto discusso sui giornali americani circa le montagne di dollari spesi da Bush e Gore, ma erano montagne della stessa altezza, o quasi. In Italia stiamo invece sperimentando un duello fra un Golia multimiliardario e un Davide armato di fionda. Per Berlusconi la ricchezza è un motivo di vanto nei confronti dei politici di professione "che non hanno mai lavorato" (ce l'ha anche con Fini, Casini, Bossi?). E' un'impostazione singolare, finora avanzata soltanto in Italia e in Thailandia.
Ma il terzo "no" di Berlusconi è ancora più sbalorditivo, visto che viene da un uomo di televisione, ed è il rifiuto a sostenere duelli in diretta con l' avversario Rutelli. Le ragioni, per così dire, con cui viene giustificata la scelta sono le seguenti: 1) Berlusconi sente di "valere per quattro" e di non "potersi abbassare" a "prendere sul serio" un "nessuno" come Rutelli, "portavoce e non leader", "scelto soltanto perché telegenico"; 2) Il leader di Forza Italia teme che un duello con Rutelli "sarebbe soltanto una rissa", visto che "il candidato del centrosinistra sa soltanto insultare". Ora, basta confrontare il secondo argomento con il primo per farsi passare la voglia di discutere.
Ma il padrone di Arcore fa il suo gioco, in politica come prima in televisione, che prevede un solo concorrente e quindi uno scontato vincitore. Non è colpa né merito suo se in Italia gli è stato possibile fare sempre quello che ha voluto. Non è colpa sua se le leggi non esistono o più spesso esistono ma per ridere, per cui Confalonieri non è eleggibile e Berlusconi sì, oppure non si può essere editori di televisioni e giornali a meno di non essere fratelli o marito e moglie. Non è dunque con Berlusconi che bisogna discutere di regole democratiche ma con chi ha il dovere morale e materiale di applicarle.
Nel caso dei duelli televisivi, per esempio, con il presidente della Rai, Zaccaria. Una televisione di Stato, di servizio pubblico, ha il dirittodovere di chiedere in campagna elettorale ai due contendenti di confrontarsi sulle sue reti, a scadenze precise e pubblicizzate, come fanno tutti i grandi network pubblici del mondo. Per la verità, anche quelli privati (ma nel caso italiano torniamo al conflitto d'interessi). Il presidente Zaccaria, non fosse che per motivi di audience, ha l'obbligo di organizzare una serie di duelli fra Berlusconi e Rutelli, o almeno di invitare i due candidati a partecipare. Se poi Berlusconi rifiuta, sarà sua cura spiegarne le ragioni, cercando magari di sceglierne migliori o di nuove.
Quelle usate contro Rutelli sono le identiche parole adoperate cinque anni fa contro Romano Prodi, "portavoce e non leader", "fantoccio dei comunisti", eccetera. Fra l'altro, dev'essere una bella fortuna avere come avversario un "fantoccio", a maggior ragione il capo della destra dovrebbe accettare il vantaggioso match. Se proprio non è possibile convincere il quadruplice Berlusconi a sottostare alle leggi televisive valide per i semplici presidenti degli Stati Uniti dagli anni di Kennedy e Nixon, il presidente Zaccaria potrebbe offrirgli la scelta dell'arbitro. In America, Gran Bretagna o Francia non usa ma per noi sarebbe un passo in avanti. Ma c'è da scommettere che Bruno Vespa gli andrebbe comunque bene.
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