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Cancellazione e censura di una
frase sfuggita all'ex-presidente del Consiglio Massimo D'Alema.
Corriere della Sera del
16-01-2000
- PAGINA 3
EMOZIONI
- Il premier fa lumile e non attacca mai il <<nemico>>
Berlusconi
-
- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
- Gli era scappata cosi, come scappano a lui, per
eccesso di baldanza nel corso d'una passerella trionfale: <<Certo, questo
gruppo dirigente e quello che e...>>. Una rasoiata gratuita.
Cattiva. Cosi inutilmente cattiva che, recuperata la scolorina che gli aveva messo
in mano Forattini nella celeberrima vignetta querelata sul dossier
Mitrokhin, D'Alema l'ha fatta diligentemente sparire dal resoconto stenografico,
distribuito ben quattro ore e mezzo dopo, come i ritoccatori moscoviti facevano sparire
dalle vecchie foto sulla piazza Rossa le facce diventate impresentabili.
Un po' di bianchetto e, opla! I delegati del congresso di Torino,
pero, l'hanno sentita bene quella stonatura. E piu di tutti,
dolorosamente, ce l'ha ancora nelle orecchie il leader attuale e formale di quella classe
dirigente: Walter Veltroni. Il quale, nel momento stesso in cui la presidenza aveva dato
la parola all'ex segretario, subito sommerso da un acquazzone incontenibile di applausi e
di entusiasmo e di affetto, aveva avuto la prova di quanto sotto sotto forse temeva
gia. E cioe che il <<suo>> congresso era in realta suo
finche non s'avanzava l'unico vero Conducador nel quale questo pezzo della sinistra
oggi si riconosce fino in fondo: Massimo D'Alema.
Certo, il baffuto deputato di Gallipoli che liquido Achille Occhetto e si
impossesso del partito pur avendo perduto le cosiddette <<primarie>>
e stato generoso di parole al miele verso l'uomo al quale, impegnato com'era in
piu importanti faccende di governo, affido il partito, per usare le parole di
Fulvia Bandoli, <<col metodo un po' medievale della spada sulla spalla>>.
L'<<amico Walter>> di qua, l'<<amico Walter>> di la...
E' arrivato perfino, udite udite, a fare autocritica. Ad ammettere che
si, Luciano Violante ha ragione nello scrivere nel suo libro che <<a volte
questo gruppo dirigente ha dato come la sensazione di dire "lasciateci lavorare"
a un popolo della sinistra che invece si rivolgeva anche in modo sofferente per ottenere
risposte. E' vero, e io avverto questa critica come fortemente rivolta, e giustamente,
anche alla mia persona>>. Si, una scusante la rivendica: <<Abbiamo
dovuto affrontare delle sfide molto dure nelle quali sbagliare poteva voler dire perdere
con un grave danno per il Paese>>. Pero...
Pero, d'accordo, ha esagerato: <<Ma e per questo che apprezzo
sinceramente il lavoro che stanno svolgendo Veltroni e i compagni piu giovani che
sta lui raccogliendo intorno a se. Perche e un lavoro volto a mettere in
comunicazione la sinistra, piu di quanto io non sia riuscito a fare, con le emozioni
e la passione civile di una nuova generazione. Ed e un bene che questo partito sia
guidato da un gruppo dirigente capace di suscitare emozioni, passioni, ritornando a far
vivere la sinistra nel cuore del Paese piu di quanto non siamo riusciti a farlo
negli anni passati, quando forse abbiamo interpretato di piu il nostro ruolo come
quello di uno strumento politico volto a costruire alleanze e governo>>.
Ed eccolo ammettere di non essere uomo di passioni, confessare modesto l'incapacita
di parlare <<alle nuove generazioni>>, gigioneggiare sull'imbarazzo provato il
giorno che una donna lo ha incontrato e gli ha detto: <<Quando io vedo lei mi sento
piu sicura>>. Al che dice di aver risposto che <<vogliamo arrivare
presto a una politica nella quale ciascuno trovi la sicurezza in se stesso>>. E
piu ostentava professione di umilta, piu chiamava il congresso
all'applauso. Piu faceva mostra di distacco (<<dovete stare tranquilli che nel
momento in cui avro la comprensione di non essere piu utile a questa difficile
transizione mi faro da parte...>>), piu incitava al compattamento.
Piu faceva il gesto di sfilarsi dalla corsa per la candidatura nel 2001, piu
saliva alto dalla platea l'urlo: <<Sei tu il nostro leader!>>.
E via via che parlava, via via che scavalcava con irridente sicurezza tutte le
calibratissime revisioni veltroniane buttando li disinvoltamente che tra i
socialisti democratici e i comunisti totalitari <<erano loro la parte della sinistra
che aveva ragione>>, via via che liquidava le accuse occhettiane di aver ammazzato
l'Ulivo (ricordate? <<Costituente dell'Ulivo? Ma costituente de che?>>)
ammettendo senza problemi di esser stato talora <<spigoloso e non utile>>, via
via che riconosceva perfino qualche errore (come la nomina a sottosegretario del camerata
Romano Misserville, probabilmente) nella chiusura della crisi, emergeva una certezza
assoluta. Quella che ogni atto di piccola umilta fosse funzionale a rafforzare
l'immagine di un leader cosi forte da potersi permettere tutto.
Per ventidue volte Walter Veltroni, nella relazione di apertura, era andato a cercare il
consenso picchiando duro sul <<nemico>>, Silvio Berlusconi. E per decine e
decine di volte il trucco retorico era stato applicato da questo e quell'oratore. Lui mai.
Neppure una volta. Neppure per sbaglio. Voleva mostrare a tutti, el Lider Maximo, che non
ne aveva bisogno. Che per addomesticare la <<sua>> gente gli bastava tirar
fuori, coi toni spesso sprezzanti che gli sono propri contro certi
<<intellettuali>> o certi <<professori>>, quello che gli altri,
per insufficienza di carisma o di boria, non erano riusciti a tirar fuori. L'orgoglio del
partito, l'orgoglio della sinistra, l'orgoglio del governo. Un partito, una sinistra, un
governo che lui ha reso <<vincenti>>. E che, a sentir lui, hanno cambiato la
faccia dell'Italia.
Esagerato? Boh... Non era questo cio che il vecchio e ammaccato popolo rosso
voleva sentirsi dire?
Gian Antonio Stella
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