COMUNICATO N. 19 DEL 25 LUGLIO 2000
E' il momento delle decisioni chiare sul conflitto di interessi. Lettera aperta di Di Pietro e Veltri a Walter Veltroni
Caro Veltroni,
siamo due parlamentari eletti nell'Ulivo che a suo tempo accettarono di candidarsi in tale formazione politica per la lineraita' del programma proposto, per gli ideali di solidarieta' e riformismo democratico ivi professati ma soprattutto perche' credevamo che sui temi della legalita' e della questione morale avremmo trovato in tale schieramento terreno fertile per portare avanti le nostre idee (che poi sono quelle comuni alla maggior parte degli italiani e sappiamo certamente anche tuoi e degli elettori del partito di cui sei apprezzato segretario).
Ci dispiace pero' constatare che nel corso della legislatura il centrosinistra si sia letteralmente "seduto" alle richieste berlusconiane su temi fondamentali per la democrazia come la Giustizia, il conflitto di interessi e le riforme istituzionali. Per carita' di patria, vogliamo evitare in questa sede di rivangare la "legislazione suicida" in materia di giustizia e di lotta alla corruzione che finora e' stata praticata da questa variopinta maggioranza parlamentare (che, al di la' dei funambolismi interpretativi, non e' la stessa che ha ottenuto la fiducia della maggioranza degli elettori), ma - vivaddio - almeno tu perche' mai una volta tanto che ti decidi a sostenere cio che noi stiamo proponendo da anni sul conflitto di interessi, il giorno dopo gia' ci ripensi?
Cos'e', hai avuto paura di avere avuto coraggio? Il tuo "stop and go" di questi giorni ci sembra veramente senza senso. Ma lo vuoi capire o no che sul conflitto d'interesse non si possono fare sconti a nessuno perche' e ' in gioco il libero esercizio della democrazia? Gli interventi ripetuti di alcuni intellettuali e tecnici di riconosciuto prestigio come Sylos Labini, Sartori, Guido Rossi, Pizzorusso, hanno dimostrato ampiamente che solo in una repubblica delle banane si puo "sopportare" un conflitto cosi' devastante qual'e' quello in cui si trovano i parlamentari (di entrambi i poli) che sono contemporaneamente dominus di reti televisive. Nel nostro Paese, dove quasi sempre i problemi che investono l'etica pubblica e le regole finiscono a tarallucci e vino e' necessario essere chiari e, se uno straccio di riforma delle regole si fa, deve essere una riforma vera e non finta. Ripetiamo: l'art. 10 della Legge del 1957 finora e' stato interpretato in maniera pilatesca e furbastra dalla Giunta delle elezioni della Camera.
Sostenere che questa norma (in vigore, si badi vene, da prima che Berlusconi avesse smesso i pantaloni corti e quindi certamente non diretto contro di lui) non sia allo stesso applicabile in quanto Mediaset e' una societa' di capitali e l'amministratore e' "il suo" Fedele Confalonieri e' prendere in giro gli italiani. Se finora il Parlamento l'ha fatto non e' una buona ragione per continuare a farlo ancora (ce lo ha ricordato ancora oggi Giovanni Sartori con la chiarezza che gli e' solita). Se si vuole introdurre nel nostro paese una democrazia compiuta si deve adottare - come primario principio di deontologia democratica che deve regolamentare il conflitto di interessi - l'istituto della "ineleggibilita'" e non quello della "incompatibilita (come invece approvato dal testo licenziato dalla Camera dei Deputati con troppa faciloneria nel periodo dell'inciucio "bicameralesco"). Che senso ha, infatti, dire che chi e' dominus di televisioni, se eletto, deve entro i successivi tre mesi dimettersi? Egli, grazie alle "sue" televisioni, nel frattempo si e' gia' fatto eleggere sfruttando una "forza competitiva" agli altri preclusa.
Insomma con l'incompatibilita' si interviene quando la "frittata" e' fatta, la par condicio violata e il misfatto compiuto. L'intervento del legislatore, a nostro parere, deve invece svolgersi sul versante dell'ineleggibilita', perche' l'investitura popolare deve sottostare a precisi vincoli normativi volti a garantire la parita' tra i candidati in un momento essenziale per lo svolgimento della vita democratica. Per queste ragioni abbiamo proposto (e riproponiamo all'attenzione tua e delle persone di buona volonta') un disegno di legge (o se vuoi un emendamento a quello in discussione al Senato) di un solo articolo interpretativo della legge del '57 in cui sosteniamo che chi ha il controllo diretto o indiretto di societa' concessionarie di reti televisive - se vuole candidarsi - deve liberarsi (altro che il blando "blind trust" attualmente ipotizzato) di tutti i suoi interessi patrimoniali almeno sei mesi prima delle elezioni. Cosi' avviene in ogni parte del mondo. In conclusione, caro Veltroni, o la riforma la facciamo seriamente oppure e' meglio non farla per niente altrimenti finiremmo per dare a Berlusconi anche una parvenza di legittimita' a comportamenti sicuramente antidemocratici.
Ecco perche' non siamo d'accordo sul tuo ennesimo "stop and go". Per favore, dacci una risposta precisa - che sia un "si" o un "no" netto, accidenti - senza ricorrere ai soliti "sofismi", e magari sottoscrivendo la nostra proposta di legge o impegnando il tuo partito a sostenere l'analogo emendamento da noi proposto al disegno di legge gia' approvato alla Camera ed ora in discussione al Senato. Cosi', per sapere se - almeno per quanto riguarda la materia del conflitto di interesse e dopo le soluzioni pasticciate e la cantonate prese sui temi della Giustizia - ne sia valsa la pena esserci impegnati con te e con il centrosinistra in politica! Altrimenti poi non lamentarti se alle prossime elezioni politiche ce ne andremo da soli per rappresentare quella voglia di legalita' e di trasparenza ancora tanto sentite nella maggioranza degli italiani. Cordiali saluti
Antonio Di Pietro Elio Veltri