Corriere
della Sera del 13-03-2001
Palermo, la decisione della Corte dAssise dAppello. Il boss deve scontare
una condanna a 12 ergastoli Revocato lisolamento a Totò Riina Potrà vedere altri
detenuti nellora daria. Il presidente dellantimafia Lumia: sono
sconcertato
DAL NOSTRO INVIATO
PALERMO - Due notizie si sono
incrociate ieri in un brutto pomeriggio per lantimafia: hanno tolto
l"isolamento" a Totò Riina e le scorte fisse ai magistrati più esposti.
Diverse le motivazioni, naturalmente. Provvedimenti distinti. Ma con segnali e
coincidenze che inquietano.
Nel carcere "duro" di Ascoli Piceno il capo dei capi di Cosa Nostra è tornato
"a vita comune" perché, dopo un tira e molla con i giudici di Palermo, la
Cassazione ha imposto la scelta indicando "i principi di diritto" alla corte di
Appello. E a Palermo, in applicazione della "circolare Bianco", il prefetto ha
soppresso i servizi di tutela fissa davanti alle abitazioni di pubblici ministeri e
giudici impegnati in processi ed inchieste contro i boss sostituendoli con "pattuglie
mobili" che perlustreranno le aree interessate controllando gli edifici.
Dopo una mattina di allarmi, tutti i sostituti della Direzione distrettuale antimafia si
erano riuniti alle quattro del pomeriggio nellufficio del procuratore della
Repubblica Piero Grasso per discutere il provvedimento della prefettura. Ad un tratto una
telefonata ha fatto rimbalzare nel bunker del secondo piano del palazzo di giustizia la
decisione presa poco prima dalla corte di Appello.
"Riina non è più in isolamento", ha ripetuto Grasso amareggiato ai suoi vice
come Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato, a magistrati di "trincea" come Gaetano
Paci o Antonio Ingroia. E il malumore è cresciuto, nonostante il procuratore abbia poi
ridimensionato la portata del provvedimento: "Non appena sarà definitivo un nuovo
ergastolo, Riina non vedrà più nessuno".
Probabilmente bisognerà attendere la conferma in Cassazione della pena a vita inflitta a
Riina e al resto della "cupola" per le stragi di Milano, Firenze e Roma. Ma non
basta per placare la rabbia del presidente dellantimafia Giuseppe Lumia, pronto ad
esprimere "una reazione di sconcerto": "Riina non è un delinquente comune.
Anche ai criminali efferati vanno date le garanzie, ma ai capimafia va applicato un
sistema più severo". Un modo per rilanciare una proposta inattuata: "Necessario
un "doppio binario" perché la mafia tende a distruggere la nostra
democrazia".
Non è tuttavia la prima volta che il boss arrestato nel gennaio del 93 esce dalla
cella del "41 bis" per passare lora daria insieme con altri
detenuti. È già accaduto nellestate del 99 quando per un provvedimento
simile Riina passeggiò per mesi con un marocchino finito in carcere per reati comuni.
Già allora esplosero polemiche. Come quelle di ieri, respinte da Mario Grillo, il
penalista vittorioso e convinto, codice alla mano, che "la pena accessoria
dell"isolamento" non può durare oltre i tre anni". Una tesi bocciata
in corte di Appello nei mesi scorsi. Di qui il ricorso in Cassazione dove la sesta sezione
penale gli ha dato ragione rinviando tutto a Palermo con lindicazione dei
"principi".
Una scelta "tecnica" criticata dal magistrato che indagò sulla strage di Capaci
Luca Tescaroli, oggi a Roma: "Viviamo in un Paese senza memoria.
Lammorbidimento del carcere duro era proprio la richiesta di Riina. Così,
riprenderà a parlare con lesterno, mentre si indicano i magistrati come possibili
obiettivi di attentati". Ironico ma amarissimo il commento dei familiari delle
vittime della strage di via dei Georgofili, a Firenze: "È iniziato il processo di
socializzazione di Salvatore Riina. Speriamo possa comunicare con i suoi simili anche
meglio che nel 93 quando, forse proprio durante qualche ora daria ha dato
lordine del massacro di via dei Georgofili"
. Felice Cavallaro
Interni
La guerra di mafia, le stragi
e la cattura
CHI E Totò Riina è stato arrestato dal
Ros dei carabinieri il 15 gennaio del 1993 dopo una latitanza lunga quasi venticinque anni
IL BOSS
Riina, capo del clan dei corleonesi, che presero il potere nel corso della guerra di mafia
iniziata nel 1981, sterminando il superboss di Cosa Nostra Stefano Bontade e i suoi
fedelissimi, ha gestito una fase di forte contrapposizione della mafia allo Stato
LA SVOLTA
E proprio a Riina, infatti, che si deve la svolta stragista di Cosa Nostra, che
portò agli eccidi di Capaci (23 maggio 1992) e di via DAmelio (19 luglio dello
stesso anno), dove vennero assassinati i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
IN PRIGIONE
Fino al luglio del 1997 Riina è stato rinchiuso nel supercarcere dellAsinara, in
Sardegna: in seguito è stato trasferito al carcere di Marino del Tronto ad Ascoli dove,
fino alla decisione di ieri della Corte dAssise dAppello, era sottoposto al
carcere duro previsto per chi commette reati di mafia (art. 41 bis)
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del 13-03-2001
Polemiche a Palermo per il provvedimento che
sarà applicato solo di giorno
Tolto lisolamento a Riina
Lumia: "Un beneficio che mi sconcerta"
Lirio Abbate
PALERMO Sono finite le passeggiate solitarie nel
piccolo cortile del carcere di Ascoli Piceno per Totò Riina. Già da oggi si prevede per
il capomafia un'ora d'aria con gli altri detenuti.
Riina esce dall'isolamento diurno. Il provvedimento è stato deciso dalla Corte d'assise
d'appello di Palermo, presieduta da Biagio Insacco. La misura non inciderà sul regime del
41 bis, cioè il carcere duro cui è sottoposto il boss corleonese in carcere dal 15
gennaio 1993. In cella sarà sempre da solo.
Non è la prima volta che all'ex capo di Cosa nostra viene tolta la misura
dell'isolamento: in passato la Cassazione aveva annullato, su istanza dei difensori, un
precedente provvedimento della Corte d'Assise palermitana. Su ricorso della procura
generale, però, l'isolamento diurno è stato ripristinato.
Secondo il legale di Riina, Domenico La Blasca, i giudici si sono uniformati ad un
orientamento della Cassazione ed hanno deciso che la pena accessoria, che per legge non
può superare i tre anni, dell'isolamento va cumulata nel caso che le sentenze definitive
riguardino reati commessi prima dell'arresto. Le condanne all'ergastolo raccolte fino
adesso da Riina sono dodici, ed attende ancora che passi in giudicato la sentenza
all'ergastolo per le cosiddette stragi del '93 di Roma, Milano e Firenze. Qualora venisse
condannato definitivamente potrebbe ancora una volta essere posto in isolamento diurno.
Il provvedimento ha suscitato molte reazioni. Nella riunione settimanale della Direzione
distrettuale antimafia di Palermo che si è svolta ieri, i magistrati hanno parlato anche
di questa vicenda. Per il procuratore di Palermo, Pietro Grasso, "l'isolamento diurno
è una pena accessoria che ha un termine". Il presidente della Commissione antimafia,
Giuseppe Lumia, ha avuto parole dure. "Sono sconcertato - ha detto il deputato - per
questa decisione. A un delinquente efferato vanno assicurate tutte le garanzie giuridiche,
ma non a Riina che è un capomafia. A lui no". Per il pm Luca Tescaroli, che ha
sostenuto a Caltanissetta l'accusa nei processi per la strage di Capaci "purtroppo
siamo un Paese che non ha memoria e saremo costretti a rivivere il nostro passato".
"Non a caso l'impegno di Cosa Nostra - ha proseguito il magistrato - è sempre stato
diretto a neutralizzare il 41 bis, che prevede il regime di carcere duro. Consentendo un
contatto con altri detenuti si agevolano i canali di comunicazione con l'esterno. Con
questa decisione si agevola Cosa Nostra".
Meassaggero
del 13-03-2001
FINITO LISOLAMENTO DIURNO
Nellora daria Riina non sarà più solo
di LUCIO GALLUZZO
PALERMO - Totò Riina resta al 41 bis, ma ora è un po'
meno solo. Nelle ore d'aria, nel carcere di Ascoli Piceno, potrà socializzare con uno o
più detenuti. Provvederà la direzione ad individuare la compagnia più adata per il boss
e meno pericolosa per la società. Una sentenza della Corte d'appello di Palermo,
presieduta da Biagio Insacco, in qualche misura scontata sulla base di un orientamento
emerso in Cassazione, ha ribaltato il diverso parere dell'Assise. E cioè: l' isolamento
diurno, una pena accessoria con un massimo di tre anni, può essere inflitto più volte,
per reati compiuti prima dell'arresto, ma viene scontata solo quando le sentenze relative
passano in giudicato.
I "tempi" della carcerazione di Riina dicono che i termini per tenerlo in
isolamento totale sono finiti, ma ciò implica che prossime pronunce della Corte Suprema
su alcuni dei 12 ergastoli già comminati al corleonese in sede di merito, potranno
restituire il boss alla solitudine notturna e diurna. La decisione del giudice di secondo
grado, recepisce anche la tesi dell'avvocato Domenico La Blasca, che almeno in questa
vicenda ha assistito con successo Riina, che è in carcere dal 15 gennaio del 1993.
Vicenda apparentemente marginale, ma con due implicazioni: una di carattere
"umano", perchè la segregazione totale, ininterrotta è una maledizione della
quale lo stesso legislatore si è fatto carico, limitandola a tre anni. L'altra
"politica", laddove c'è il rischio che l'applicazione della legge venga letta
da Cosa Nostra come una vittoria.
La sentenza, casualmente, viene per altro pronunciata in una giornata che segna un giro di
boa nel dispositivo dello Stato a tutela dei magistrati di prima linea. L'applicazione a
Palermo della circolare del Viminale in materia di protezione e tutela, ritira infatti i
presidi fissi posti dopo le stragi del '92 davanti ai magistrati più esposti alle
vendette mafiose. La vigilanza viene trasferita a quelle pattuglie di polizia e
carabinieri che, nell'indirizzo della cosiddetta polizia di prossimità, presidiano il
territorio. L'applicazione della direttiva ha suscitato più di qualche perplessità a
Palazzo di Giustizia. Il pm Luca Tescaroli ha affermato: "Da questa notizia deriva
disorientamento per chi sostiene le accuse a Cosa nostra". Il presidente della
Commissione Antimafia, Giuseppe Lumia, ha espresso "sconcerto e condanna. Riina - ha
detto - non è un delinquente qualunque e non può ottenere questo tipo di benefici".
Anche don Luigi Ciotti si è reso interprete di questi timori, nel ricordare la scomparsa
a Roma, ieri, della dolente e fiera figura di mamma Saveria Antiochia, privata del figlio
poliziotto ucciso insieme con il vice questore Ninni Cassarà.
Repubblica
del 13-03-2001
Pagina 8
Riina, basta isolamento un detenuto come gli altri
ATTILIO BOLZONI
Palermo - Questa
mattina Totò Riina potrà finalmente farsi due chiacchiere con qualcuno. Dopo tanto tempo
anche lui avrà un compagno per le "ore d'aria", un detenuto con cui parlare del
più e del meno fuori dalla cella dove è rinchiuso da 8 anni e 2 mesi. Dicono che per
farlo "socializzare" gli metteranno accanto un extracomunitario, uno dei tanti
ospiti nel carcere di Ascoli Piceno. Forse i due si faranno anche una partitina a dama. O
magari giocheranno a carte. Fine dell'"isolamento diurno" per il capo della
mafia di Corleone, fine del buio assoluto per l'uomo che ha fatto tremare l'Italia a
cavallo tra gli Anni Ottanta e Novanta.
Con un'ordinanza della Corte di Assise di Appello di Palermo il più famoso dei boss
siciliani esce dal girone infernale dei sepolti vivi, un provvedimento che cancella quella
pena accessoria per una delle sue 12 condanne all'ergastolo, tre anni di isolamento diurno
come massimo. Quel "tetto" dei tre anni Totò Riina l'aveva sfondato
abbondantemente per ragioni di alta sicurezza ma dopo varie istanze presentate dai suoi
legali e fino a qualche mese fa sempre rigettate dai giudici adesso anche lo
"zio" Totò diventa un "detenuto speciale" quasi normale. La Corte
palermitana ha deciso così uniformandosi ai principi enunciati dalla Cassazione, niente
cumulo di pene accessorie e quindi sospensione automatica di quella misura carceraria.
Naturalmente il capomafia rimane sotto il regime del 41 bis (quello riservato ai mafiosi)
per tutto il resto. Il primo a commentare questa decisione giudiziaria è stato Nino
Fileccia, il suo avvocato storico. Al telefono, con voce squillante: "Sarà
contento... sarà contento come una Pasqua...". Poi ha parlato il presidente della
commissione parlamentare antimafia Beppe Lumia: "Sono sconcertato... a un delinquente
efferato vanno assicurate tutte le garanzie ma non a Totò Riina: a lui no, lui è un
capomafia". E poi è arrivata anche la reazione del Pubblico ministero Luca
Tescaroli: "Ci si sta avvicinando all'abolizione del 41 bis... questo è un Paese
senza memoria, in questo modo Totò Riina accrescerà il suo potere dentro il carcere e
potrà anche comunicare con l'esterno".
E' probabilmente il segno dei tempi. Dalla prima cella speciale in vetrocemento conosciuta
nel gennaio del 1993 quando l'avevano arrestato dopo 24 anni e mezzo di latitanza (la
gabbia era praticamente trasparente, la luce sempre accesa, la telecamera che registrava
ogni suo movimento 24 ore su 24) alla passeggiatina con il compagno di sventura. Chissà
cosa mai si diranno, il grande capo della più potente organizzazione criminale del mondo
e il grande sfigato extracomunitario finito dentro per spaccio o per un furtarello.
Vedremo, se qualcuno ce lo racconterà mai. Comunque la "via" per beneficiare di
quelle due ore d'aria Totò Riina che da qualche mese ha compiuto 71 anni se l'è
conquistate con una "guerra" di carte. Cominciata più o meno quattro anni fa.
Scontata la prima pena accessoria, dallo studio legale Fileccia è partita una raffica di
ricorsi. Tutti rigettati. Fino a ieri pomeriggio quando la Corte di assise di Appello
presieduta da Biagio Insacco ha deciso che, in base al cosiddetto principio del cumulo,
anche l'"isolamento diurno" è unico e le pene accessorie non si possono sommare
tra loro ogni qual volta viene notificato al detenuto un nuovo ergastolo. Questa è la
legge. Che una volta tanto è uguale per tutti e quindi anche per Totò Riina.
Alla "socializzazione" in verità il boss di Corleone era già stato ammesso per
un brevissimo periodo, tra la primavera e l'estate dell'anno scorso. Era anche allora un
extracomunitario il suo unico amico del carcere, un detenuto di colore del quale non sono
state mai fornite le generalità. Dopo quella "vacanza", il ritorno in cella. Ma
non più quella in vetrocemento dei primi anni di detenzione, una cella normale. Solo ma
ben sistemato. Con il fornellino per cucinarsi in un angolo, la dispensa sempre ben
fornita. Cucina leggera, mangia sempre in bianco il Corleonese. Molto riso, un po' di
pasta, qualche fettina di carne di tanto in tanto.
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Giudici senza scorta a Palermo è rivolta
Da ieri eliminate davanti
alle abitazioni dei magistrati
FRANCESCO VIVIANO
Palermo - "Se fanno come hanno fatto con Paolo Borsellino, se piazzano
indisturbati un'autobomba sotto casa e la fanno esplodere quando vogliono, chi garantirà
la nostra sicurezza e, soprattutto, quella dei nostri familiari e delle altre persone che
abitano nel nostro stesso stabile?". C'è aria di rivolta al palazzo
di giustizia di Palermo. I magistrati impegnati nelle inchieste e nei processi a Cosa
nostra sparano a zero contro il provvedimento del ministero dell'Interno che da ieri ha
eliminato le scorte davanti alle loro abitazioni.
E non li tranquillizzano le misure alternative di sicurezza che, affermano in questura,
sono più efficaci della sorveglianza sotto casa perché gli "obiettivi" saranno
continuamente controllati da pattuglie di polizia e carabinieri. In Procura temono che
questo nuovo tipo di vigilanza non sarà efficace come prima e lo interpretato come un
abbassamento delle guardia da parte delle istituzioni. "L'abolizione delle scorte ai
magistrati impegnati in prima linea nella lotta alla mafia, la nuova legge sui
collaboratori di giustizia che di fatto scoraggia nuovi pentimenti e l'abolizione
dell'isolamento per Totò Riina, sono fatti che ci preoccupano, ci disorientano e ci
sovraespongono", dice Luca Tescaroli, pm nei processi per le stragi di Capaci e di
via D'Amelio. Per il magistrato, "questo Paese non ha memoria e saremo condannati a
rivivere il nostro tragico passato. Si stanno creando i presupposti perché Cosa nostra
diventi più forte di quanto era prima delle stragi. Si va all'abolizione del 41 bis (il
regime carcerario previsto per i mafiosi, ndr) che è quello che da anni chiedono i boss
detenuti". E l'argomento scorte ieri è stato al centro di una lunga riunione in
Procura presieduta da Pietro Grasso che si farà portavoce delle istanze dei suoi
colleghi. I magistrati hanno criticato il ministero dell'Interno ed hanno deciso di
attendere per verificare il nuovo tipo di protezione. Ma la preoccupazione è diffusa ed
alcuni giudici ricordano le dichiarazioni del pentito Francesco Paolo Anzelmo.
"Quando tolsero la vigilanza sotto l'abitazione di Paolo Borsellino, i boss di Cosa
nostra dissero: lo Stato lo ha scaricato". "Questa legge - dicono Franca
Imbergamo e Nino Di Matteo, della Dda palermitana - di fatto è una legge contro i
collaboratori di giustizia, il legislatore è andato ben oltre, tutti auspicavano regole
più ferree, invece è stato ideato un sistema che finisce con il disincentivare le
collaborazione. Dall'altro lato, invece, i boss irriducibili possono accedere ai benefici
previsti dalla legge, si umanizza il sistema carcerario e si attenua il 41 bis. Perché
allora i mafiosi dovrebbero collaborare? Quale vantaggi avrebbero?".