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Corriere della Sera del 15-03-2001


Politica

L’APERTURA AD AMATO E D’ALEMA

Per il dopo elezioni Tonino sogna l’asse anti Rutelli

Su Amato si è giocato quanto meno la militanza nell’Ulivo. Quando si trattò di sostenerlo, il senatore Antonio Di Pietro tornò magistrato per un giorno, trasformando la sua dichiarazione di voto in una dura requisitoria. Evocò gli spettri della Prima Repubblica, i metodi craxiani. Usò giochi di parole ("e che facciamo? Ci mettiamo a scegliere tra Berlusconi e Berluschino? Tra il Cavaliere Craxiano e l’Amato craxino?") e provocazioni ("questo governo è un’offesa a tutti coloro che hanno creduto nella stagione di Mani pulite"). Era aprile, quasi un anno fa. Quello che capitò dopo lo sanno tutti: Di Pietro disse "no", fu emarginato e se ne andò sbattendo la porta un secondo prima che la porta la sbattessero in faccia a lui. Decise di correre solo, Amato decise di non correre affatto, lasciando a Rutelli il ruolo di candidato premier. E D’Alema? La ruggine è più recente, il rapporto più complesso. "Disciplinato" a malincuore durante la permanenza nel centrosinistra e i due governi guidati dall’attuale presidente dei Ds, Tonino si tenne a stento. Poi non più e, attraverso il racconto dell’anfitrione Flores d’Arcais, si seppe che una sera a cena D’Alema aveva confessato tutta la sua avversione per Tonino, ritenendo Mani pulite un complotto anti Ds. Ora l’"Amato Craxino" è diventato un "professionista che vale 100 Rutelli", e l’infido D’Alema "un politico che ha molto da dare al Paese". Dalle ceneri fredde di vecchi rancori sembra nata una nuova creatura, il D.A.D. (Di Pietro-Amato-D’Alema). Lui elogia. Loro non rifiutano.

M. Mant.

Il senatore conferma che correrà da solo ma chiarisce che dopo il voto non si alleerà mai con Berlusconi e Fini

Di Pietro, uno spiraglio per il centrosinistra

"Votatemi al proporzionale, nei collegi guardate i candidati. D’Alema può dare molto al Paese"

MILANO - Di tutto, di più. Giudizi sferzanti su Polo e Ulivo, ma tra le righe un appello strategico al centrosinistra e al suo elettorato nel quale si inserisce la rivalutazione dell’ex nemico Massimo D’Alema, ora dipinto da Antonio Di Pietro come un "politico che capisce, che ora sta in sordina e dietro le quinte aspettando tempi migliori. Ha molto da dare al Paese". Ospite ieri ai microfoni di "Radio anch’io", il leader dell’Italia dei valori ha chiesto agli elettori di votarlo "almeno nel proporzionale". Ha ripetuto che la "rappresentanza libera" che siederà in Parlamento a suo nome sceglierà la propria collocazione tema per tema senza tenere conto del colore della "casacca". Ma ha chiarito anche un punto-chiave, cioè la stretta osservanza anti-Cavaliere del manipolo di aspiranti parlamentari dipietristi: "Il vero anti-Berlusconi sono io".

L’ULIVO - L’ex pm continua a sparare contro gli eredi del "suo" Ulivo, lo fa con le amate metafore animalesche (lui è il "brutto anatroccolo", gli altri "pomposi pavoni" e "grilli parlanti") con battute velenose (ai Democratici chiede "qualche computer mio che non mi vogliono restituire") e anche con affondi più politici, come quando rinfaccia la "cacciata dell’Italia dei valori" e i rinnovati appelli a "portare sangue per qualche seggio in più". Antonio Di Pietro dipinge un centrosinistra a tinte fosche, ma chiede un voto "proporzionale" e assicura che mai questo voto andrà a Berlusconi: "Noi vogliamo andare in Parlamento e prego i cittadini di darci un voto almeno nel proporzionale, poi l'elettore attento vede nel suo territorio se per caso nel maggioritario c'è un candidato di qualità che può essere di un polo...". Insomma, l’ex pm sembra prepararsi a qualcosa di simile a una implicita desistenza nei collegi uninominali, parola usata da Forza Italia per definire il nascente rapporto. Lui, secco, replica: "Non avete capito niente".


L’ELOGIO A D’ALEMA - In questi giorni l’ex pm ha fatto pubblicamente una attenta "cernita" nella maggioranza. Tra i "buoni" ci sono due singolari new entry: il "professionista" Amato che "vale cento Rutelli" e ora anche il capace D’Alema che "può dare molto al Paese". Tra i "cattivi" mette i "pisicchi e i piscitelli" della Margherita (Ppi, Udeur, Rinnovamento e Democratici). Insomma, alimenta la tesi di Arturo Parisi, secondo la quale nel centrosinistra esistono due "cabine di regia": una centrista e vicina a Rutelli e l’altra dominata dall’asse D’Alema-Amato. Facile capire su quale delle due si concentri l’attenzione dell’ex pm.


CONTRO FINI - Critiche all’Ulivo, dunque, ma vere e proprie bordate al Polo. Antonio Di Pietro evoca il peccato originale del "conflitto di interessi" e lo definisce "un pericolo per la democrazia". Ma l’obiettivo del giorno è un Fini che per il senatore del Mugello "è cambiato e quando un magistrato processa un politico parla di attacco politico, ma la legalità non è di destra né di sinistra. An ha rinunciato alla sua identità". Si accende la polemica. Il presidente di An accusa il colpo: "Non accettiamo lezioni da nessuno, nemmeno dal senatore Di Pietro... Lo sfido a dimostrare che An è cambiata". L’ex pm rincara la dose: "Fini è troppo impegnato a seguire le disposizioni del suo direttore d’orchestra, disposizioni a senso unico contro il lavoro della magistratura".

Michela Mantovan

Politica

ANALISI

Il presidente della Quercia: la politica meglio della società

Aristotele lo scrisse, Massimo D’Alema lo ribadisce: la politica dà significato all’esistenza, "tornerà presto a essere di moda perché la gente è sempre più disorientata". Per il presidente dei Ds, la politica ha "la capacità di motivare e arricchire la vita". Ed è preferibile alla società civile "portatrice di interessi molto individuali".

 

Stampa del 15-03-2001

Giovedì 15 Marzo 2001

D’ALEMA "SOCIETA’ CIVILE? MEGLIO LA POLITICA"


ROMA . Massimo D'Alema vede nella politica "un modo di riempire la vita delle persone, il tentativo di suscitare delle emozioni", e la preferisce di gran lunga alla cosiddetta società civile che "è mediamente peggio della politica, perchè è portatrice di interessi molto forti, molto individuali, se non illegittimi, a volte feroci". Intervistato dal settimanale "Vera", il presidente dei Ds racconta un aneddoto per sottolineare la sua tesi: era con la moglie in un ipermercato di Roma quando è stato avvicinato da un signore che gli ha detto che stimava Rutelli come sindaco ma che non lo avrebbe votato perchè non aveva votato la sua associazione culturale. "Capito la morale? A me - spiega D'Alema - che me n'è venuto in tasca da Rutelli sindaco? Niente, allora non lo voto...".

                                                                                                                    

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