Repubblica del 17-03-2001

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"Votiamo le rogatorie"

I senatori ulivisti: si riapra l'aula per la ratifica L'appello di un gruppo di parlamentari: Palazzo Madama anche se sciolto può approvare atti urgenti

LIANA MILELLA

ROMA -Per il trattato ItaliaSvizzera, che semplifica e accelera i rapporti dei magistrati italiani con quelli d'Oltralpe nella richiesta di documentazione bancaria, potrebbe esserci ancora una concreta speranza di definitiva ratifica. Dopo l'appello della scorsa settimana del procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli dalle pagine di "Repubblica", adesso è un gruppo di senatori dell'Ulivo a lanciare un nuovo e ultimo segnale.
Dodici componenti della commissione Antimafia hanno sottoscritto una lunga lettera al presidente Nicola Mancino in cui chiedono che il Senato discuta e approvi la ratifica dell'accordo ItaliaSvizzera sulle rogatorie (cioè gli atti con cui i magistrati chiedono formalmente ai colleghi degli altri paesi le informazioni necessarie per i processi italiani). Toccherà adesso allo stesso Mancino e ai capigruppo riunirsi e verificare se esistono i presupposti legislativi per dare il via libera al testo, già approvato da Montecitorio con il voto favorevole del Polo, anche dopo il formale scioglimento delle Camere da parte del capo dello Stato.
Secondo i senatori -nell'ordine di firma Figurelli, Diana, Calvi, De Zulueta, Lombardi Satriani, Marini, Nieddu, Papini, Pardini, Pettinato, Veraldi, Costantini - il Senato può ancora discutere e approvare atti urgenti, come sono i decreti legge e le ratifiche dei trattati. I senatori chiedono al presidente Mancino un' "iniziativa" per far approvare, prima in commissione e poi in aula, la legge di ratifica, così com'è già avvenuto sia nel gennaio del ‘94 sia nel febbraio del ‘96 rispettivamente per dieci e otto tra ddl e trattati.
L'idea dei senatori, comunque, non è nuova. Già la settimana scorsa, quando il Senato aveva chiuso i battenti con il voto sul federalismo e la Casa delle libertà aveva bloccato l'approvazione della ratifica con una raffica di 200 emendamenti, la presidente diessina della commissione Giustizia della Camera Anna Finocchiaro aveva sostenuto che "c'era ancora tempo per esaminare e approvare il testo". "È un atto ancora possibile - aveva sostenuto la Finocchiaro - non limitandosi a dire sì alle sole petizioni di principio come aveva proposto il Polo, ma approvando l'intero testo. Alibi non ce ne sono per nessuno, ognuno deve assumersi la propria responsabilità". In pratica, secondo l'esponente dei Ds, il Senato aveva ancora le prerogative per discutere l'intero testo e non solo il primo articolo del trattato, nel quale si afferma che il capo dello Stato può firmare il l'accordo raggiunto tra i due Paesi.
In questi ultimi giorni, gli esperti del Senato hanno lavorato per verificare se l'ipotesi è praticabile e hanno concluso che un ultimo tentativo si può fare. La lettera dei senatori motiva anche politicamente la richiesta sostenendo che il mancato voto sul trattato ItaliaSvizzera avrebbe "gravi conseguenze" in quanto 630 rogatorie sono ferme, alcune da molti anni. Basti pensare che il sostituto Francesco Greco, impegnato a sostenere la pubblica accusa nel quarto processo All Iberian contro Silvio Berlusconi, ne ha sollecitata di recente una che risale al 1996. "Viceversa - scrivono i senatori - se il trattato venisse approvato ne trarrebbero vantaggio le inchieste su mafia, grande contrabbando, riciclaggio, reati fiscali, corruzione di pubblici funzionari e giudici". I senatori aggiungono che l'Italia rischia anche una magra figura a livello internazionale soprattutto dopo che alcuni Paesi, come la Germania, hanno pubblicamente lodato il trattato e lo hanno posto a modello della più recente normativa sulla cooperazione giudiziaria.
Che il mancato sì potesse avere effetti negativi sull'immagine dell'Italia era stato messo in evidenza anche da Carla Del Ponte, oggi procuratore del tribunale dell'Aja per i crimini in Jugoslavia, ma ai tempi della stesura del trattato (ottobre 1998) procuratore federale a Berna. In un'intervista al "Sole 24 Ore" del 23 febbraio scorso, quando già si profilava un blocco del provvedimento, la Del Ponte aveva affermato: "Certo, l'Italia non ci fa una bella figura. Si potrebbe pensare che quello che due anni fa era considerato assolutamente indispensabile, oggi non lo più perché il clima è cambiato".