ANALFABETI DI RITORNO
ROMPERE LA SPIRALE CHE PORTA AL BUIO DEI VALORI
di PAOLO POMBENI
LO confessiamo, era capitato anche a noi di vedere due
giovani muratori ad un ufficio postale di Bologna che erano incapaci di riempire un
semplice modulo ed hanno dovuto chiedere (senza alcuna vergogna) lassistenza
dellimpiegato. Erano due italiani, non due immigrati. Oggi apprendiamo da una
ricerca sociologica che non si trattava delle classiche "mosche bianche",
perché sembra che il 25% dei maschi diciottenni (la ricerca è stata svolta fra i giovani
che assolvono la leva militare) sia assai vicino allanalfabetismo. Non sappiamo
delle ragazze, ma non ci sono motivi per immaginare che tra loro la situazione sia
particolarmente diversa.
Che dire di fronte a questi dati, che confermano altri precedenti ed anche la comune
esperienza di molti sulla grave crisi che incontra il nostro sistema di istruzione?
Stracciarsi le vesti? Imbastire dotte elucubrazioni sul linguaggio dei telefonini che
uccide la grammatica e sulla TV che uccide la lettura? Si può fare, ma ci porta poco
lontano.
Forse converrebbe prendere più direttamente il toro per le corna ed ammettere che oggi la
scuola e listruzione hanno cessato di essere "una conquista di classe".
Lessere istruiti non è più lo status symbol di una condizione di piena
cittadinanza e di emancipazione sociale. Sono altre le cose che ti fanno sentire
"arrivato" e tutte si traducono in una: soldi, disponibilità economiche. Cose
che non sono più legate al raggiungimento di un certo livello di istruzione, perché
nellimmediato un impiego artigiano o operaio rende bene. Non in assoluto, ché anzi
per chi deve mantenere una famiglia si tratta spesso di salari insufficienti, ma per un
giovane che vive in casa e che può tenersi "per spenderlo" tutto il primo
guadagno si tratta del conseguimento di tanti gradini dello statuto sociale: il motorino,
lautomobile, la discoteca, le vacanze con gli amici.
Certo dentro le situazioni registrate dalla ricerca del Cede ci sarà sicuramente una
percentuale di disagio sociale ed economico: gente che non riesce ad usufruire della
scuola perché proviene da realtà troppo degradate per avere a disposizione una base di
partenza accettabile e gente che è costretta a lavorare per portare il proprio contributo
essenziale alla sopravvivenza familiare. Sarebbe ingenuo (e anche stupido) fingere che
questa "povertà" sia stata abolita. Ma sarebbe altrettanto ingenuo rifiutarsi
di considerare che per una certa quota di popolazione listruzione non è più
vissuta come una buona opportunità da cui trarre profitto, ma come una noiosa e inutile
imposizione. Inutile soprattutto perché non dà accesso al guadagno immediato.
La spirale dellincultura è molto forte e la lotta che si deve sostenere per provare
a romperla è a volte titanica. Gli insegnanti lo sanno benissimo: parlate soprattutto con
quelli delle scuole medie delle zone di frontiera. Loro spesso sono vissuti dagli alunni
come il simbolo negativo dei risultati che si raggiungono con la "cultura": non
hanno buone possibilità economiche, viaggiano su automobili modeste e non possono
permettersi consumi costosi. Al contrario, chi si butta presto nel lavoro queste cose può
permettersele. E non pensate che le famiglie tirino indietro, facendo riflettere i giovani
sul fatto che quella del lavoro precoce e scarsamente qualificato è una conquista
effimera. Un poco per necessità (liberarsi del bisogno di pensare ai consumi dei giovani
alza la disponibilità di risorse per i propri), un poco per assuefazione ai miti correnti
(si possono far molti soldi anche solo essendo belli, atletici, furbi, ecc.), molte
famiglie sostengono quella che abbiamo chiamato la spirale dellincultura.
Per essere onesti bisogna aggiungere che in maniera appena un poco meno drammatica essa
tocca anche gli scolarizzati più stabili, i cui livelli di apprendimento e di dominio del
vocabolario e della sintassi sono molto meno brillanti di quel che erano ventanni fa
(per non andare troppo indietro).
E inutile stracciarsi le vesti o deputare alla scuola la "mission
impossible". La questione sta nella società, nel suo sistema di valori. Se essa non
si convince che la cultura è emancipazione e conquista di libertà, se non ripristina
listruzione come valore esigendola e difendendola (dai programmi televisivi alla
buona educazione), servirà poco impegnarsi per qualche programma sociale di educazione
degli adulti. Sarebbe come voler vuotare il mare con un secchiello.