Alla fine degli anni Settanta i potenti della politica, della finanza e del mondo militare si inchinavano di fronte al maestro venerabile, il Corriere della Sera gli riservava nell'ottobre 1980 un'intervista a piena pagina e le casseforti delle banche svizzere, a quel che si e' poi saputo, contenevano montagne d'oro e di valuta di proprieta' del nostro eroe. Era dunque un personaggio potentissimo, in grado di influenzare uomini e cose e di muovere affari importanti in ogni senso in molti settori della vita nazionale. Deteneva, con una formula che e' diventata popolare, un grande "potere occulto", cioe' un tipo di potere non visibile e legato a responsabilita' politiche ed economiche ma fondato invece sulla segretezza e l'assenza di responsabilita' verso terzi. Un potere occulto alimentato da operazioni illecite e illegittime, organizzate appunto per accrescerne ed alimentarne l'influenza.
Depositario dei segreti delle trame inquinanti, confessore delle nefandezze di regime, mediatore dell'illegalita', gran ricattatore: ecco alcune delle definizioni proposte per mettere a fuoco la funzione reale del capo piduista al di la' dei riti e delle coperture massoniche. Occorre allora interrogarsi sull'origine della potenza di Gelli, sia che derivasse dall'accesso a informazioni riservate e illecite e dai conseguenti ricatti nel confronti dei potenti sia che si fondasse su
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altre ragioni. Solo scavando nelle vicende del giovane pistoiese negli anni della guerra e del dopoguerra si rintracciano le fonti della mirabolante carriera successiva. In quegli anni Gelli fa le prime prove, decisive per tutta la sua vita successiva, nei rapporti con i potenti del momento, con il mondo politico e si esercita all'attivita' di delatore e di ricattatore che sara' in seguito perfezionata e approfondita. Tra gli incontri di quella stagione, risultano cruciali quelli con il Pci e con i servizi segreti.
Nel 1937, a 18 anni, Licio Gelli era partito volontario per combattere nel campo fascista della guerra di Spagna. Rimpatriato nel 1938, aveva lavorato presso il Partito fascista della sua citta' natale, Pistoia, fino allo scoppio della guerra quando era stato inviato in Dalmazia sul fronte greco-macedone. Nel settembre 1943, al momerito dell'armistizio aderi' subito alla Repubblica Sociale svolgendo la funzione di ufficiale di collegamento fra il nuovo fascio repubblichino e la Wehrmacht. Sono i mesi dell'agonia nazifascista che preludono al successo della Resistenza e alla liberazione degli alleati. Ben presto con l'inizio dell'attivita' partigiana nell'autunno 1943, Gelli prende contatto con Silvano Fedi, capo del movimento anarchico libertario, e con i rappresentanti del locale Comitato di liberazione sfruttando il tramite di una sorella militante essa stessa e sposata a un elemento comunista. Offre ai partigiani la propria collaborazione e i propri servizi, iniziando il doppiogioco, in forza della posizione da lui occupata nel campo repubblichino-tedesco: fornisce informazioni ad esponenti comunisti del locale Comitato di liberazione e partecipa anche ad azioni partigiane, pur se costantemente ispirato a un'ambiguita' di comportamenti. Dopo la liberazione della Toscana, nel settembre 1944 collabora a rintracciare gli elementi pericolosi e ricercati per il collaborazionismo con i nazisti e, in questa attivita', gode della protezione dei partigiani e probabilmente anche delle autorita' americane di occupazione. Nell'ottobre 1944 Gelli richiede e ottiene la protezione dei comunisti del Comitato di liberazione che gli
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rilasciano prima un attestato e poi un lasciapassare con documenti personali che gli consentiranno di salvare la vita, di abbandonare impunemente Pistoia e di recarsi nel gennaio 1945 in Sardegna, all'isola della Maddalena con un avventuroso viaggio via Roma e Napoli. Lontano dal teatro delle sue gesta di guerra, Gelli, ricercato dalle forze dell'ordine, entra in contatto con gli apparati dei servizi di sicurezza tramite i Carabinieri della Maddalena.
Il primo attestato di benemerenze partigiane viene rilasciato a Gelli il 2 ottobre 1944 dal presidente del Comitato provinciale di Liberazione Nazionale di Pistoia, il comunista Italo Carobbi.(1) In esso si certifica che l'ufficiale di collegamento con la Wehrmacht, <<pur essendo stato al servizio dei fascisti e dei tedeschi, si e' reso utile alla causa dei patrioti pistoiesi>>, aiutando materialmente alcune formazioni tra cui quella di Silvano Fedi (ucciso dai tedeschi in un'imboscata) e partecipando alla liberazione di prigionieri politici. <<In considerazione di quanto sopra>>, conclude l'attestato, <<questo comitato autorizza Gelli Licio a circolare senza che possa in qualche modo essere disturbato>>.(2) Forte di tale accreditamento, Gelli nei mesi successivi puo' lasciare Pistoia dove era oggetto di rappresaglie, sempre protetto dai comunisti del luogo. Il 12 gennaio 1945 e' ancora Carobbi a rilasciargli un lasciapassare (3) per raggiungere la Sardegna ed e' l'apparato del Pci a fornirgli una scorta di due partigiani armati (Nello Lucchesi e tale "Alcide", con l'accompagnamento di Bruno Tesi, esponente di rilievo del Pci pistoiese) che lo conduce in salvo a Roma.
La vita di Gelli doveva essere divenuta preziosa e la sua difesa importante se ancora il 4 febbraio 1945 l'organo del Cln di Pistoia, La Voce del Popolo, pubblicava un articolo per spiegare e ulteriormente accreditare di fronte ai partigiani la posizione dell'ex repubblichino. Tutta l'operazione di salvataggio fu assunta dal Pci, in quel momento forza egemone in Pistoia, tanto che altri esponenti del Comitato di liberazione poco ne sapevano e tanto meno acconsentivano. Gerardo Bianchi della Dc dichiara che <<nessuno ci
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informo' mai>> e Vincenzo Nardi del Partito d'azione aggiunse che <<se qualcuno avesse fatto una proposta del genere si sarebbero scatenati i dissensi piu' duri>>.(4) Il primo importante giro di valzer con cambiamento di fronte, Gelli lo compie dunque tra il 1943 e il 1945 trasformandosi da repubblichino a collaboratore dei partigiani nonche' protetto dal Pci a cui probabilmente doveva la salvezza della vita. Il giovane pistoiese doveva certamente aver reso dei servizi importanti per ricevere in cambio gli attestati e l'aiuto del Cln in quei giorni percorsi dagli odi, dalle violenze e dalle lotte piu' ardue. Il secondo giro di valzer Gelli lo compie alla Maddalena dove, nel settembre 1945, viene arrestato per reati commessi da collaborazioni sta. Su propria iniziativa, al primo interrogatorio dei Carabinieri che lo tengono in custodia, Gelli fornisce una dettagliata lista di 56 collaborazionisti della Repubblica Sociale e dei nazisti dettagliando per ognuno fatti e atteggiamenti.(5) Gelli cioe' si propone come collaboratore dei servizi segreti, in quel momento in fase di riordinamento, facendo il delatore di persone che erano state suoi amici o compagni di partito e di fede con la rivelazione di circostanze anche gravi (<<torturatore>>... <<confidente dei nazisti>>... <<spia>>...) che avrebbero potuto portare pesanti conseguenze a carico dei denunciati in considerazione del clima del tempo. Si apre cosi', per Gelli, un rapporto con i servizi segreti - rapporto che forse aveva gia' dei precedenti ma che passa attraverso una tappa decisiva - basato sulla delazione di gravi notizie di cui rimane traccia scritta, ma non memoria pubblica, negli archivi delle polizie e dei vari organi di sicurezza dello Stato.
Il 29 settembre 1950 il centro controspionaggio di Pistoia invia al Sifar centrale un'informativa in risposta a una richiesta di notizie su tale <<Gelli sospetto agente del Kominform>>. Nel dossier, classificato come <<fascicolo n. 15743 Com. In. Form>> (6) Gelli e' descritto come un personaggio <<capace di compiere qualunque azione>> che ha iniziato la collaborazione con il Pci nel 1944 e che svolge attivita' di spionaggio in favore dei paesi dell'Est. Il fascicolo fa riferimento
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all'elenco dei collaborazionisti denunciati alla Maddalena e conclude con un giudizio su Gelli <<pericolosissimo sia per la zona strategica nella quale opera e di cui lui e' praticamente praticissimo, sia per l'azione informativa che espleta e per cui puo' fare moltissimo>>.
Molto si e' discusso a varie riprese sul significato di quel fascicolo e sulle implicazioni che esso comportava. L'ipotesi di Gelli agente comunista e dei Paesi dell'Est formulata nel 1950 e riguardante gli anni precedenti sembra essere contraddetta dall'atteggiamento degli stessi servizi segreti che avrebbero lasciato un agente cosi' pericoloso operare per tanti anni. E' vero che l'ex repubblichino poteva essersi guadagnato l'impunita' collaborando al tempo stesso con il Pci e con i servizi segreti che erano stati agganciati alla Maddalena e che negli anni successivi gli avevano garantito una serie di facilitazioni di movimento, ma rimangono lo stesso inquietanti contraddizioni non risolte.
Un'altra ipotesi piu' complessa puo' essere che Gelli avesse contemporaneamente effettuato piu' giochi su piu' fronti nel campo della delazione e dei bassi servizi, prima trescando con repubblichini e comunisti, poi con comunisti e servizi segreti italiani, con la consapevolezza di questi ultimi che poteva far loro comodo lasciare agire il Gelli al fine di acquisire informazioni e comunque legare a se' con il ricatto un personaggio defmito pericoloso e disponibile a qualsiasi avventura. Un'ulteriore ipotesi che non contraddice le precedenti e' che in quegli anni nasce quel <<mercante dell'informazione>> che lavora innanzitutto in proprio e quindi e' in grado di operare su piu' fronti vendendo la propria merce a tutti i possibili richiedenti. I rapporti certi con i servizi segreti italiani, quelli ipotizzati con i servizi dell'Est non si escludono necessariamente a vicenda. Certo e' che ancora nei primi anni Cinquanta Gelli manteneva ottimi rapporti con i comunisti tant'e' che il futuro senatore del Pci e sindaco di Pistoia, Giuseppe Corsini, gli scriveva il 29 gennaio 1952 in termini molto cordiali e amichevoli (<<ti saluto con tutta cordialita'>>) per sollecitare l'evasione di una
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pratica data l'influenza del vecchio compagno pistoiese a Roma. (7) Quale che fosse la verita' ultima di quel tempo, certo e' che sia i rapporti con i servizi segreti e la conoscenza da parte di Gelli di quel che i servizi conoscevano di lui, sia il suo rapporto con il Pci, hanno costituito nei decenni successivi dei punti molto vulnerabili dell'attivita' del futuro capo della P2. Gelli non ha voluto mai riconoscere ne' il rapporto con i servizi segreti ne' quello con il Pci: anzi ha costantemente operato perche' quei nodi rimanessero nascosti. Ancora nel suo memoriale n. 2 preparato nel giugno 1984 Gelli afferma che <<in merito alle illazioni riguardanti la mia presunta collaborazione col Sid, ometto ogni commento diretto: e' palese che si tratta di pure insinuazioni>>; e ancora piu' decisa e' la smentita della collaborazione con il Pci, pure risultante nei documenti, almeno per quello che riguarda il 1944-1945. <<Io non sono mai stato in contatto con ipotetici servizi segreti dell'Est (Kominform.) contrariamente a quanto sostenuto... La piu' grave accusa rivoltami dalla Commissione [parlamentare] consiste tuttavia nell'asserire che ero legato al Pci fin dal 1944: le mie scelte ideologiche sono e sono sempre state decisamente in contrasto con la filosofia marxista-leninista>>.(8)
L'immagine che Gelli tende a dare con costanza di se' e' quella di un uomo d'ordine anticomunista. E cio' che gli serve per i suoi giochi di potere, anche se ben sa che giocare la carta di riserva della vecchia collaborazione con il Pci puo' servirgli al momento opportuno. Quando nel 1976 un Gelli, gia' divenuto capo potente della piu' esclusiva loggia massonica, viene chiamato in causa per le implicazioni nei vari tentativi golpisti e quindi in relazione ai sequestri compiuti dalla banda dei marsigliesi a Roma, non si fa scrupolo di ricordare ai comunisti i suoi antichi meriti e trascorsi.
L 'Unita' del 17 aprile 1976 in un articolo dedicato ai rapimenti dal titolo Qual e' la "grande famiglia" che ha protetto Bergamelli? scrive che <<il gruppo II P addirittura godrebbe fama di orientamento conservatore e neofascista:
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vi farebbero parte, tra gli altri, un grosso personaggio di Arezzo, un deputato missino e un ex procuratore generale della Repubblica...>>. Il quotidiano comunista non nomina Gelli, lo chiama <<grosso personaggio di Arezzo>> e cambia il nome della P2 in II P, mentre nelle settimane successive, in seguito all'omicidio Occorsio (10 luglio) altri quotidiani come Il Messaggero e La Repubblica sono molto piu' espliciti nel nominare direttamente Licio Gelli e la sua organizzazione massonica, associandoli ad attivita' criminali. L'improvvisa chiamata in causa del capo massone anche da parte della stampa comunista, se pure con prudenza, lo induce a correre ai ripari rispolverando quei vecchi attestati partigiani che il Pci gli aveva elargito trent'anni prima. Sapeva, Gelli, che il lungo silenzio e l'antica omerta' che avevano circondato le sue gesta ed i suoi collaborazionismi durante la guerra potevano in quel momento infrangersi assestando un colpo alla sua irresistibile ascesa.
Il 15 maggio, il maestro venerabile ottiene, dopo lunga insistenza, che l'antico presidente del Cln di Pistoia, Italo Carobbi, gli sottoscriva un nuovo attestato delle sue benemerenze partigiane con un'aggiunta, <<salvo altre possibili informazioni a me non risulta che si sia macchiato di delitti politici>>, (9) pressantemente sollecitata dallo stesso Gelli. Il giorno successivo al nuovo attestato, L'Unita' riceve una lettera indirizzata al direttore responsabile nella quale il capo della P2, chiamato in causa per i recenti fatti criminosi, ricorda per iscritto che <<i miei concittadini, compresi quelli di fede comunista? tra i quali conto da sempre amici sinceri, mi hanno da sempre dimostrato affetto e stima.
Tanto per dimostrarle la veridicita' di questa mia affermazione, le allego la dichiarazione rilasciata dal signor Italo Carobbi, comunista militante e fervente, gia' presidente del Cln di Pistoia>>. Gelli mette cosi' le mani avanti con una lettera piena di avvertimenti mafiosi che mai venne pubblicata dal quotidiano comunista. Dopo la lettera, nonostante vi sia la sparatoria di Sezze Romano il cui protagonista e' Sandro Saccucci aff1liato alla P2, non si parla piu' di massoneria e di
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loggia P2. Gli articoli annunciati da Scottoni non sono pubblicati: soltanto delle settimane dopo L'Unita', a firma dello stesso giornalista, in un articoletto su La cellula nera P2, nomina per la prima volta Gelli definendolo <<un ex ufficiale della Rsi collegato con i servizi segreti argentini>>. Gia' da tempo gli ambienti comunisti si erano orientati per una ricostruzione dell'immagine del maestro venerabile in senso unilaterale fascista e parafascista, cancellando dalla memoria quelli che pure erano stati dei rapporti importanti e dei fatti ampiamente documentati. Il 30 aprile 1972 quello stesso senatore del Pci, Giuseppe Corsini, che nel 1952 si era rivolto a Gelli con tanta cordialita' e amicizia, scrive a un "fratello" massone, Menotti Baldini, in termini assai diversi e molto duri nei confronti dell'antico amico pistoiese: <<Era l'organizzatore di tutte le azioni di rappresaglia, anche senza motivazione, che vennero compiute in quel tempo... insieme al suo degno compare... davano corso alle piu' spietate torture su coloro che erano arrestati... tanto erano brutali ed inumani che un povero giovane arrestato quale supposto partigiano... trovo' modo di impiccarsi...>>. (10) Come si poteva spiegare un simile cambiamento nella stessa persona, divenuta nel frattempo senatore del Pci, se non con la volonta' di cancellare il ricordo dei contraddittori trascorsi e degli antichi contatti che rappresentavano la cattiva coscienza comunista?
Non solo per Gelli ma anche per il mondo comunista c'e' sempre stato l'interesse ad accreditare un'immagine del capo della P2 unilateralmente di tipo fascista: al diretto interessato faceva comodo rimuovere i cambiamenti di fronte e le delazioni grazie a cui era riuscito a salvare la vita e aveva iniziato la carriera di collaboratore di uno o piu' servizi segreti specializzandosi nella vendita delle informazioni. Ai comunisti non piaceva ricordare quella lontana vicenda nella quale erano rimasti coinvolti e la cui conoscenza avrebbe fatto cadere le interpretazioni semplici e semplicistiche della "congiura fascista". Gelli era stato condotto dai comunisti a Roma e poi a Napoli nel viaggio verso la Maddalena del gennaio 1945. Pare evidente che
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Italo Carobbi non avrebbe potuto rivolgersi al Cln di Napoli accreditando Gelli senza il consenso del Pci di Roma.
Tocca a Mino Pecorelli, un altro confessore e mercante degli affari riservati di regime, infrangere la convenzione di fatto stabilitasi fra Pci e Gelli nel corso degli anni: nella nota della sua agenzia OP del 2 gennaio 1979, pubblicando il primo attestato di benemerenza firmato da Carobbi, il giornalista confuta la tesi a senso unico di un <<Gelli ex fascista, ex nazista agente dei servizi segreti argentini, legato alla Cia, a Connally e ai falchi americani>> e commenta: <<Non quindi un Gelli nazifascista amerikano e golpista, ma un venerabile maestro sincero democratico e partigiano combattente>>. Dopo qualche settimana, il 20 febbraio, lo stesso Pecorelli annunzia di essere in possesso dell'informativa Com.In.Form.: <<E' un lungo elenco di nomi che un giorno qualcuno ha tradito [con riferimento ai nomi di collaborazionisti consegnato alla Maddalena]. Un lungo elenco di nomi, che comunque noi non tradiremo una seconda volta. Perche' non e' nostro costume rivelare segreti di Stato (e questo ha tutta l'aria di esserlo)>>. (11) Pecorelli non pote' procedere nella sua campagna, quali che fossero i suoi intendimenti. Il 20 marzo 1979 fu assassinato; annotato nella sua agenda per il 23 marzo vi era un incontro con il maestro venerabile.
Ci si chiedeva nel capitolo precedente come s1a stato possibile che Enrico Berlinguer ignorasse la vicenda gelliana fmo al 1981. La risposta al quesito si trova anche nelle vicende richiamate e nell'opera di volontaria rimozione che il Pci ha effettuato negli ultimi decenni. Non altrimenti si spiegherebbe non solo l'atteggiamento del segretario del Pci, a cui puo' anche aver contribuito un'effettiva scarsa cono- scenza delle questioni gelliane e piduistiche indotta dai suoi piu' stretti collaboratori, ma anche l'assenza di campagne della stampa ufficiale del Pci e di iniziative parlamentari che riguardassero direttamente Gelli, il suo ruolo e la sua storia. Come abbiamo documentato, la conoscenza del peronaggio era diffusa in diverse sedi e in special modo in
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alcuni ambienti interni allo stesso Partito comunista. Ci deve essere stato un forte imbarazzo per quei lontani rapporti se soltanto nell'autunno 1980 una serie di tre articoli di Ugo Baduel affrontano su L'Unita' il caso Gelli e il caso P2, allorche' si e' consumata l'alleanza con la Dc di Andreotti nel governo di solidarieta' nazionale e non vi sono prospettive di ricostituzione.
Il ruolo gelliano nel 1944-1946 resta importante: non puo' essere un caso che in una storia di quarant'anni come quella del nostro eroe, i fatti di allora siano tornati ad emergere a distanza di tempo con un effetto sempre dirompente nel 1950 con l'informativa Com.In.Form., nel 1972 con la lettera del senatore Corsini, nel 1974 con un'informativa della Guardia di finanza che rievoca la collaborazione con il Pci, nel 1976 con il nuovo attestato Carobbi e la lettera a L 'Unita', nel 1979 con gli articoli di Pecorelli pubblicati immediatamente prima del suo assassinio. Evidentemente quel che si e' verificato nella vita di Gelli di allora assume un rilievo importante e influisce anche sul prosieguo della sua intricata attivita'.
Fra le tante ipotesi interpretative, una cosa soltanto non e' controversa: che cioe' nel 1944-1945 Gelli collaboro' con il Pci, attraverso la componente del Cln, e che dal partito gli venne aiuto e protezione per superare i pericoli incontrati come repubblichino e collaborazionista, cosa che gli permise di superare indenne quei giorni. Il potere di Gelli e la sua costante crescita nel corso degli anni hanno avuto un punto di appoggio sulla conoscenza di fatti segreti e sul coinvolgimento che egli e' riuscito a operare nei confronti delle piu' svariate direzioni politiche. Il Pci non ha mai svelato le vicende gelliane del dopoguerra e non le ha mai combattute fino al 1981. Quel rapporto di collaborazione tenuto segreto ha costituito per il maestro venerabile un'assicurazione che ha ben funzionato. Infatti quelle lontane vicende contraddicono l'immagine accreditata dai piu': di un Gelli, cioe', che - pur tra i tanti cambiamenti di fronte e doppiogiochismi - e' stato al fondo sempre schierato con la destra nelle sue diverse sfumature e per essa ha costantemente operato.
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La collaborazione con il Pci e' lo scheletro nell'armadio sia del Partito comunista che di Gelli che dei servizi segreti che ne erano a conoscenza. Questa zona inesplorata e lasciata volutamente nell'area dell'ambiguita' e della contraddizione ha prodotto un duplice e speculare effetto. Il primo, sul rapporto fra Gelli e il Pci, che sembra essere improntato nel corso degli anni a una specie di codice di un reciproco gioco delle parti, con il ruolo fisso di anticomunista assegnato dal Pci a Gelli medesimo, da questi accettato, continuamente ribadito e proclamato; e con l'intesa da parte di Gelli nei confronti del Pci che mai avrebbe dovuto trasparire nulla dell'antica collaborazione. Il secondo, sul rapporto fra Gelli e i servizi segreti, rapporto che, relativamente alla specifica conoscenza dei fatti Gelli/Pci, e' dovuto rimanere sempre improntato a un'omerta' deliberatamente mantenuta dai servizi e molto volentieri accettata da Gelli.
NOTE
1. Attestato del Cln di Pistoia a firma del suo presidente Italo Carobbi, rilasciato a Licio Gelli il 2 ottobre 1944 in All (T.), vol. 111 tomo Xl, p. 131.
2. Ibidem.
3. Salvacondotto del Cln di Pistoia a firma del suo presidente, Italo Carobbi, rilasciato a Licio Gelli il 12 gennaio 1945, in All. (T.), vol lll, tomo Xl, p. 135.
4. Vedi Gianfranco Piazzesi, Gelli, cit.
5. Interrogatori resi da Licio Gelli al centro Cs di Cagliari del 1945; note informative inviate dal centro suddetto a Roma e altre informative del periodo, in All. (T.), vol. lll, tomo Xl, pp. 143 sgg.
6. Informativa Com.ln.Form. trasmessa dal centro Cs di Pistoia al Sifar centrale il 29 settembre 1950, in All. (T.), vol. 111, tomo Xl, p. 209.
7. Lettera del senatore comunista Giuseppe Corsini a Gelli del 29 gennaio 1952 in All. (T.), vol. 111, tomo Xl, p. 225.
8. Memoriale di Licio Gelli, cit.
9. Nuovo attestato rilasciato a Gelli da Italo Carobbi il 15 maggio 1976, in All. (T.), vol. lll, tomo Xl, p 285.
10. Lettera dell'ex senatore comunista Giuseppe Corsini al "fratello" Menotti Baldini del 30 aprile 1972, in All. (T.), vol. lll, tomo Xl.
11. Due volte partigiano, in OP, 2 gennaio 1979, e Il professore e la balaustra, in OP, 10 febbraio 1979.
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