Repubblica 19-03-2001

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un gesto, a casa previti e dell'utri


CLAUDIO RINALDI

È umano che Silvio Berlusconi si risenta per la pubblicazione del libro "L'odore dei soldi", e per il modo in cui trasmissioni come "Satyricon" e "Il raggio verde" hanno rilanciato i dubbi sull'origine delle sue fortune. Ma è diabolico che il Cavaliere continui a sottovalutare l'importanza delle perplessità sul suo conto. Anziché inveire contro la Rai, egli farebbe bene a cercare di dissipare quei sospetti. Attenzione: nessuno pretende da lui che si sottoponga a odiosi processi popolari sui misteri delle sue holding, o sui presunti rapporti di qualche suo uomo con ambienti mafiosi. Basta molto meno. Basta un gesto simbolico, ma concreto, davanti al quale anche i suoi detrattori siano costretti ad ammettere che il capo di Forza Italia sta facendo di tutto per prendere le distanze dal passato controverso a cui alcuni vogliono inchiodarlo.
Quale gesto? Un'idea arriva dal "Corriere della sera", dove Sergio Romano, che certo non è ostile al Polo, invita Berlusconi ad "assicurare che non coprirà con il mandato parlamentare gli amici su cui la magistratura sta ancora indagando". Di nomi l'ex ambasciatore non ne fa, ma il riferimento è, con ogni evidenza, a personaggi come Marcello Dell'Utri e Cesare Previti. Il primo, già condannato in via definitiva a oltre due anni di reclusione per le false fatture di Publitalia, è nel mirino del giudice spagnolo Baltasar Garzon per la vicenda Telecinco. Il secondo è accusato di aver corrotto dei giudici. Tutti e due sono fedelissimi di Berlusconi da un quarto di secolo, tutti e due hanno ricevuto in premio nel 1996 un seggio alla Camera, tutti e due se ne sono ampiamente serviti per ripararsi dai rigori della giustizia.
Se ora il Cavaliere evitasse di ricandidarli alle prossime elezioni, i suoi elettori ne sarebbero tranquillizzati: capirebbero che nella Casa delle libertà si stanno finalmente tinteggiando di bianco le pareti. E gli avversari perderebbero un facile argomento di polemica.
La rinuncia a Marcello Dell'Utri e a Cesare Previti, del resto, sarebbe pienamente coerente con il desiderio di facce nuove proclamato da Berlusconi. Se Gianni De Michelis e Claudio Martelli vanno esclusi dalle liste, in quanto figli della prima Repubblica, perché mandare in Parlamento i Dell'Utri e i Previti, altrettanto vecchi ma politicamente meno competenti?
Oltretutto i due non si sono resi granché utili in questa legislatura: Marcello Dell'Utri ha disertato il 75 per cento delle votazioni in aula; Cesare Previti ha mostrato tracce di attivismo a Montecitorio soprattutto quando era atteso a fastidiosi appuntamenti giudiziari a Milano.
Il Cavaliere, dunque, ricaverebbe soltanto benefici dal lasciare a casa i suoi collaboratori più discussi. Può darsi che non lo faccia, che lasci prevalere ancora una volta la logica di clan. Ma in tal caso finirà per rivelarsi un leader a sovranità limitata, troppo condizionato dalla sua storia di uomo d'affari. E porterà acqua, paradossalmente, al mulino dei fortunati autori de "L'odore dei soldi". A pagina 81, infatti, Marco Travaglio ed Elio Veltri ricordano una greve allusione affidata nel marzo 1994 da Dell'Utri all'ex dc Ezio Cartotto: "Silvio non capisce che deve ringraziarmi, perché se dovessi aprire bocca io...".

 

Corriere della Sera 20-03-2001

 

Dell’Utri, Previti e Berruti: troppo rischiosa la sfida nei collegi. In forse Matacena e Giudice

Forza Italia ricandida gli indagati eccellenti nel proporzionale

MILANO - Alla fine ci saranno tutti. Nel proporzionale, però: difficilmente qualcuno sarà scelto per le sfide pericolose nei collegi uninominali. Sono gli amici chiacchierati di Silvio Berlusconi, quelli sui quali Sergio Romano, nell’editoriale di sabato scorso sul Corriere , dà al Cavaliere questo suggerimento: "Dovrebbe assicurare che non coprirà, con il mandato parlamentare, gli amici su cui la magistratura sta ancora indagando". E sotto indagine sono sia l’ex presidente di Publitalia Marcello Dell’Utri che l’ex ministro Cesare Previti e l’avvocato del Milan Massimo Maria Berruti. Da Forza Italia non trapelano invece certezze su altri "indagati eccellenti", quei parlamentari a caccia di riconferma accusati di rapporti con la mafia. È il caso di Gaspare Giudice, rinviato a giudizio per associazione mafiosa, e di Amedeo Matacena, condannato in primo grado una settimana fa a Reggio Calabria a 5 anni e 4 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. Per loro - soprattutto per Matacena appena condannato - le possibilità di spuntarla sembrerebbero ridotte. Anche perché il "caso Matacena" potrebbe riaprire quelli di Calogero Mannino, Vito Bonsignore e Carlo Bernini, ovvero i potenti ex dc della Prima Repubblica che Rocco Buttiglione vorrebbe candidare nel Biancofiore. Ma finora ha dovuto incassare tre no, esattamente come l’ex ministro craxiano Gianni De Michelis (Nuovo Psi) che insiste per presentarsi con la Casa delle libertà. Proprio per questo effetto a catena, la decisione sarà presa solo "all’ultima ora dell’ultimo giorno utile per presentare i candidati. E sarà Berlusconi a decidere" fanno sapere dai piani alti di Forza Italia. Incerto anche il destino dell’anti-Albertini Massimo De Carolis, rinviato a giudizio per corruzione sulla vicenda del depuratore di Milano Sud e papabile per un collegio, purché lontano da Milano.
Ma che effetto fanno le parole di Sergio Romano dentro Forza Italia? Il filosofo Lucio Colletti è d’accordo che "un premier non debba coprire con la propria autorità le eventuali responsabilità giudiziarie del presente e del passato di suoi amici: chi può sostenere il contrario senza arrossire?". Tuttavia, invita a riflettere sul "caso Darida, detenuto per mesi con grande clamore mediatico e poi prosciolto". Un po’ quello che dice Antonio Martino: "In un Paese normale - dalemeggia l’ex ministro degli Esteri di Berlusconi - non c’era neppure bisogno di questa raccomandazione, giustissima in linea di principio. Però, cozza col fatto che una parte della magistratura ha dimostrato di seguire criteri assai dubbi. Un esempio? Proprio Dell’Utri: fu salvato dall’arresto dal voto del Parlamento. Poi quelle accuse sono state archiviate. Sarebbe stato giusto fargli fare due anni di galera?". Stefania Prestigiacomo, deputata siciliana, difende i suoi corregionali Giudice e Matacena: "La presunzione di innocenza vale per tutti, anche per chi milita in Forza Italia. E poi l’immunità parlamentare non è più quella di una volta, nessuno può impedire che si faccia giustizia".
Giuliano Urbani è il più netto: "La Costituzione non può essere sospesa e non dice che uno non può essere candidato perché lo stanno indagando. E se indagano ingiustamente? È la legge a doversi esprimere, nessuno ha il diritto di "rafforzarla" con valutazioni di sensibilità politica, che è una disposizione dello spirito. Usarla per interpretare una legge produce solo pasticci".

Enrico Caiano