BERLUSCONI E I SUOI
MISTERI
La vita e la carriera dell'imprenditore Silvio Berlusconi, nonostante le biografie
autorizzate che il protagonista ha fatto pubblicare o propiziato nel corso degli anni
con fini auto-agiografici, rimane costellata di buchi neri e di domande senza risposta.
Piccolo riepilogo degli omissis più inquietanti.
1) La Edilnord Sas è la società fondata nel 1963 da Silvio Berlusconi per costruire
Milano 2. Soci accomandatari (quelli che vi operano), oltre al futuro Cavaliere, sono il
commercialista Edoardo Piccitto e i costruttori Pietro Canali, Enrico Botta e Giovanni
Botta. Soci accomandanti (quelli che finanziano l'operazione) il banchiere Carlo Rasini,
titolare dell'omonima banca con sede in via dei Mercanti a Milano, e l'avvocato d'affari
Renzo Rezzonico, legale rappresentante di una finanziaria di Lugano: la
"Finanzierungesellschaft für Residenzen Ag", di cui nessuno conoscerà mai i
reali proprietari. Si tratta comunque di gente molto ottimista, se ha affidato enormi
capitali a Berlusconi, cioè a un giovanotto di 27 anni che, fino a quel momento, non ha
dato alcuna prova imprenditoriale degna di nota.
2) Sulla banca Rasini, dove il padre Luigi Berlusconi lavora per tutta la vita, da
semplice impiegato a direttore generale, ecco la risposta di Michele Sindona
(bancarottiere piduista legato a Cosa Nostra e riciclatore di denaro mafioso) al
giornalista americano Nick Tosches, che nel 1985 gli domanda quali siano le banche usate
dalla mafia: "In Sicilia il Banco di Sicilia, a volte. A Milano una piccola banca
in piazza Mercanti". Cioè la Rasini, dove - ripetiamo - Luigi Berlusconi, padre di
Silvio, ha lavorato per tutta a vita, fino a diventarne il procuratore generale. Alla
Rasini tengono i conti correnti noti mafiosi e narcotrafficanti siciliani come Antonio
Virgilio, Salvatore Enea, Luigi Monti, legati a Vittorio Mangano, il mafioso che lavora
come fattore nella villa di Berlusconi fra il 1973 e il 1975.
3) Il 29 ottobre 1968 nasce la Edilnord Centri Residenziali Sas (una sorta di Edilnord
2): stavolta, al posto di Berlusconi, come socio accomandatario c'è sua cugina Lidia
Borsani, 31 anni. E i capitali li fornisce un'altra misteriosa finanziaria luganese, la
"Aktiengesellschaft für Immobilienanlagen in Residenzentren Ag" (Aktien),
fondata da misteriosi soci appena 10 giorni prima della nascita di Edilnord 2.
Berlusconi da questo momento sparisce nel nulla, coperto da una selva di sigle e
prestanome. Riemergerà solo nel 1975 per presiedere la Italcantieri, e nel 1979, come
presidente della Fininvest. Intanto nascono decine di società intestate a parenti e
figuranti, controllate da società di cui si ignorano i veri titolari. Come ha
ricostruito Giuseppe Fiori nel libro "Il venditore" (Garzanti, 1994, Milano),
Italcantieri nasce nel 1973, costituita da due fiduciarie ticinesi: "Cofigen
Sa" di Lugano (legata al finanziere Tito Tettamanzi, vicino alla massoneria e
all'Opus Dei) e "Eti A.G.Holding" di Chiasso (amministrata da un finanziere di
estrema destra, Ercole Doninelli, proprietario di un'altra società, la Fi.Mo, più
volte 7 inquisita per riciclaggio, addirittura con i narcos colombiani).
4) Nel 1974 nasce la "Immobiliare San Martino", amministrata da Marcello
Dell'Utri e capitalizzata da due fiduciarie del parabancario Bnl: la Servizio Italia
(diretta dal piduista Gianfranco Graziadei) e la Saf (Società Azionaria Finanziaria,
rappresentata da un prestanome cecoslovacco, Frederick Pollack, nato nientemeno che nel
1887). A vario titolo e con vari sistemi e prestanome, "figlieranno" una
miriade di società legate a Berlusconi e ai suoi cari: a cominciare dalle 34
"Holding Italiana" che controllano il gruppo Fininvest. Secondo il dirigente
della Banca d'Italia Francesco Giuffrida e il sottufficiale della Guardia di Finanza
Giuseppe Ciuro, consulenti tecnici della Procura di Palermo al processo contro Marcello
Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, queste finanziarie hanno
ricevuto fra il 1978 e il 1985 almeno 113 miliardi (pari a 502 miliardi di lire e 250
milioni di euro di oggi), in parte addirittura in contanti e in assegni
"mascherati", dei quali tuttoggi "si ignora la provenienza". La
Procura di Palermo sostiene che sono i capitali mafiosi "investiti" nel
Biscione dalle cosche legate al boss Stefano Bontate. La difesa afferma che si tratta di
autofinanziamenti, anche se non spiega da dove provenga tutta quella liquidità. Lo
stesso consulente tecnico di Berlusconi, il professor Paolo Jovenitti, ammette
l'"anomalia" e l'incomprensibilità di alcune operazioni dell'epoca.
5) Nel 1973 Silvio Berlusconi acquista da Annamaria Casati Stampa di Soncino, ereditiera
minorenne della nota famiglia nobiliare lombarda rimasta orfana nel 1970, la
settecentesca Villa San Martino ad Arcore, con quadri d'autore, parco di un milione di
metri quadrati, campi da tennis, maneggio, scuderie, due piscine, centinaia di ettari di
terreni. La Casati è assistita da un pro-tutore, l'avvocato Cesare Previti, che è pure
un amico di Berlusconi, figlio di un suo prestanome (il padre Umberto) e dirigente di
una società del gruppo (la Immobiliare Idra). Grazie alla fortunata coincidenza, la
favolosa villa con annessi e connessi viene pagata circa 500 milioni dell'epoca: un
prezzo irrisorio. E, per giunta, non in denaro frusciante, ma in azioni di alcune
società immobiliari non quotate in borse, così che, quando la ragazza si trasferisce
in Brasile e tenta di monetizzare i titoli, si ritrova con una carrettate di carta. A
quel punto, Previti e Berlusconi offrono di ricomprare le azioni, ma alla metà del
prezzo inizialmente pattuito. Una sentenza del Tribunale di Roma, nel 2000, ha assolto
gli autori del libro "Gli affari del presidente", che raccontava
l'imbarazzante transazione.
6) Nel 1973 Berlusconi, tramite Marcello Dell'Utri, ingaggia come fattore (ma
recentemente Dell'Utri l'ha promosso "amministratore della villa") il noto
criminale palermitano, pluriarrestato e pluricondannato Vittorio Mangano. Il quale
lascerà la villa solo due anni più tardi, quando verrà sospettato di aver organizzato
il sequestro di Luigi d'Angerio principe di Sant'Agata, che aveva appena lasciato la
villa di Arcore dopo una cena con Berlusconi, Dell'Utri e lo stesso Mangano. Mangano
verrà condannato persino per narcotraffico (al maxiprocesso istruito da Falcone e
Borsellino) e, nel 1998, all'ergastolo per omicidio e mafia.
7) Il 26 gennaio 1978 Silvio Berlusconi si affilia alla loggia Propaganda 2 (P2),
presentato al gran maestro venerabile Licio Gelli dall'amico giornalista Roberto
Gervaso. Paga regolare quota di iscrizione (100 mila lire) e viene registrato con la
tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625. La partecipazione al pio
sodalizio gli procaccerà vantaggi di ogni genere: dai finanziamenti della
"Servizio Italia" di Graziadei ai crediti facili e ingiustificati del Monte
dei Paschi di Siena (di cui è provveditore il piduista Giovanni Cresti) alla
collaborazione con il "Corriere della Sera" diretto dal piduista Franco Di
Bella e controllato dalla Rizzoli dei piduisti Angelo Rizzoli, Bruno Tassan Din e
Umberto Ortolani.
8) Il 24 ottobre 1979 Silvio Berlusconi riceve la visita di tre ufficiali della Guardia
di Finanza nella sede dell'Edilnord Cantieri Residenziali. Si spaccia per un "un
semplice consulente esterno" addetto "alla progettazione di Milano 2". In
realtà è il proprietario unico della società, intestata a Umberto Previti. Ma i
militari abboccano e chiudono in tutta fretta l'ispezione, sebbene abbiano riscontrato
più di un'anomalia nei rapporti con i misteriosi soci svizzeri. Faranno carriera tutti
e tre. Si chiamano Massimo Maria Berruti, Salvatore Gallo e Alberto Corrado. Berruti, il
capopattuglia, lascerà le Fiamme Gialle pochi mesi dopo per andare a lavorare per la
Fininvest come avvocato d'affari (società estere, contratti dei calciatori del Milan, e
così via). Arrestato nel 1985 nello scandalo Icomec (e poi assolto), tornerà in
carcere nel 1994 insieme a Corrado per i depistaggi nell'inchiesta sulle mazzette alla
Guardia di Finanza, poi verrà eletto deputato per Forza Italia e condannato in primo e
secondo grado a 8 mesi di reclusione per favoreggiamento. Gallo risulterà iscritto alla
loggia P2.
9) Il 30 maggio 1983 la Guardia di Finanza di Milano, che sta controllando i telefoni di
Berlusconi nell'ambito di un'inchiesta su un traffico di droga, redige un rapporto
investigativo in cui si legge: "E' stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi
finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in
altre regioni italiane (Lombardia e Lazio). Il predetto sarebbe al centro di grosse
speculazioni in Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo aventi sede a Vaduz e
comunque all'estero. Operativamente le società in questione avrebbero conferito ampio
mandato ai professionisti della zona". Per otto anni l'indagine, seguita
inizialmente dal pm Giorgio Della Lucia (poi passato all'Ufficio istruzione, da anni
imputato per corruzione in atti giudiziari insieme al finanziere Filippo Alberto
Rapisarda, ex datore di lavoro ed ex socio di Marcello Dell'Utri) langue, praticamente
dimenticata. Alla fine, nel 1991, il gip milanese Anna Cappelli archivierà tutto.
10) Il terzo, seccante incontro ravvicinato fra il Cavaliere e la Legge risale al 16
ottobre 1984. Tre pretori, di Torino, Roma e Pescara, hanno la pretesa di applicare le
norme che regolano l'emittenza televisiva e che il Cavaliere ha deciso di aggirare,
trasmettendo in contemporanea gli stessi programmi su tutto il territorio nazionale. I
tre magistrati fanno presente che è vietato, 9 non si può e bloccano le attrezzature
che consentono l'operazione fuorilegge. Il Cavaliere oscura le sue tv, per attribuire il
black out ai giudici, poi scatena il popolo dei teledipendenti con lo slogan
"Vietato vietare", opportunamente rilanciato dallo show del giornalista
piduista Maurizio Costanzo. Lo slogan viene subito tradotto in legge dal presidente del
Consiglio Bettino Craxi. Il quale abbandona una visita di Stato a Londra per
precipitarsi in Italia e varare un decreto legge ad personam ("decreto
Berlusconi") che riaccende immediatamente le tv illegali del suo compare. Lo
scandalo è talmente enorme che, persino nel pentapartito, qualcuno non ci sta. E il
decreto viene bocciato dall'aula come incostituzionale. Due dei tre pretori reiterano il
sequestro penale delle attrezzature utilizzabili oltre l'ambito locale. Così Craxi
partorisce un secondo decreto Berlusconi, agitando davanti ai riottosi partiti alleati
lo spauracchio della crisi di governo e delle elezioni anticipate, in caso di mancata
conversione in legge. Provvederà poi lo stesso Caf a legalizzare il monopolio illegale
Fininvest sulla televisione commerciale con la legge Mammì, detta anche
"legge-Polaroid" per l'alta fedeltà con cui fotografa lo status quo.
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