TUTTE LE BUGIE DI
BERLUSCONI
"Io dico sempre cose sincere, anche perché non
ho memoria e dimenticherei le bugie. Come ci si
può fidare di chi usa la menzogna come mezzo
della lotta politica? La gente deve fidarsi solo di
chi dice la verità" (Silvio Berlusconi,
2-3-94)
Indro Montanelli, il più grande giornalista italiano scomparso nel 2001, lo conosceva
bene, avendolo avuto per 15 anni come editore. E diceva: "Silvio Berlusconi è un
mentitore professionale: mente a tutti, sempre anche a se stesso, al punto da credere
alle sue stesse menzogne". Una pulsione incontenibile e irrefrenabile, quella del
presidente del Consiglio italiano verso la menzogna. Persino in Tribunale. Infatti, il
22 ottobre 1990, la Corte d'Appello di Venezia l'ha riconosciuto colpevole di aver
mentito ai giudici sotto giuramento: "Il Berlusconi - si legge nella sentenza -
deponendo avanti il Tribunale di Verona, ha dichiarato il falso, realizzando gli estremi
obiettivi e soggettivi del contestato delitto": cioè la falsa testimonianza, a
proposito della sua iscrizione alla loggia massonica P2. Il reato, accertato, fu
dichiarato estinto grazie a una provvidenziale amnistia approvata nel 1989. Negli Stati
Uniti la menzogna (specie se giurata dinanzi a un giudice) comporta l'immediato
impeachment: il colpevole lascia la Casa Bianca. In Italia, entra a Palazzo Chigi. E,
naturalmente, continua a mentire. Come prima e più di prima. Quello che segue è un
piccolo catalogo ragionato delle bugie berlusconiane.
BERLUSCONI GIOVANE
"La mia carriera canora (come cantante sulle navi da crociera, ndr) è cominciata
con una tournée in Libano" (7-6-1989). Ma secondo Giuseppe Fiori, suo biografo non
autorizzato, Berlusconi non è mai stato in Libano. "Al 'Gardenia' (un locale
notturno, ndr) di Milano, come poi sarebbe avvenuto a Parigi, dopo aver cantato mi
buttavo in pista per ballare con le bionde" (ibidem). Ma Berlusconi non ha mai
suonato a Parigi. "Ho studiato due anni a Parigi, alla Sorbona, e per mantenermi
dovevo suonare e cantare nei locali della capitale" (8-7-1989). Ma Berlusconi non
ha mai studiato alla Sorbona: semmai alla Statale di Milano. "A Parigi facevo il
canottaggio ed ero campione italiano studentesco con il Cus di Milano" (luglio
1989). Parigi a parte, esistono seri dubbi sui titoli sportivi conquistati dal Cavaliere
in canoa.
BERLUSCONI INCAPPUCCIATO
"Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo comunque che è
di poco anteriore allo scandalo. Non ho mai pagato una quota di iscrizione, né mi è
stata richiesta" (27-9-1988, al Tribunale di Verona). Berlusconi s'iscrisse alla P2
nei primi mesi del 1978 e pagò regolarmente la quota di iscrizione di 100 mila lire. Di
qui la falsa testimonianza. "Basta con questa storia della P2: l'ho già detto,
ricevetti la tessera per posta e non pagai neppure la quota d'iscrizione"
(10-3-94). Ma, come ha testimoniato anche Licio Gelli, gran maestro venerabile della
loggia P2, "Berlusconi ha fatto la normale iniziazione alla loggia P2".
BERLUSCONI IMPRENDITORE
"Il signor Berlusconi ha lavorato, ha rischiato, ha pagato le tasse e non ha mai
chiesto alcuna lira di contributi allo Stato" (22-5-95). Ma la Fininvest è sotto
processo per evasione fiscali di centinaia di miliardi; e ha ricevuto contributi
pubblici, tanto per l'editoria (5 miliardi e rotti all'anno per Il Giornale, intestato
al fratello Paolo, altrettanti per Il Foglio intestato alla moglie Veronica), quanto per
la cassa integrazione alla Standa e alla Mondadori. "La legge Mammì ci ha tolto la
metà del fatturato" (La Stampa, 24-5-95). All'epoca della legge Mammì (che
nell'agosto 1990 ha regolamentato il sistema radiotelevisivo italiano), le dimensioni
del gruppo erano pressappoco le stesse del '95. "La Mammì ci ha costretti a
vendere i quotidiani e ci ha impedito di tenere le pay tv" (La Stampa, 24-5-95). I
quotidiani erano uno solo: il Giornale (subito passato al fratello Paolo); le pay tv non
esistevano ancora, visto che Tele+ è nata il 20 ottobre '90. "E' una falsità, una
cosa senza senso dire che dietro il signor Berlusconi ci sia Craxi. Non devo nulla a
Craxi e al cosiddetto Caf, e non rinnego nulla di ciò che ho fatto" (a Mixer,
Rai2, 21-2-94). Ma era stato lo stesso Berlusconi a confessare, il 13-9-93, in un raro
lampo di sincerità, di aver licenziato l'anchor man Gianfranco Funari su ordine di
Craxi ("Non è un mistero - aveva ammesso il Cavaliere - che Berlusconi è sempre
stato schiavo del Principe, e in più di un'occasione ho dovuto tenerne conto. Un anno
fa, se ricordate bene, io stavo aspettando le concessioni televisive...").
BERLUSCONI CANDIDATO
"Tutti mi chiedono di candidarmi. Ma io so perfettamente quello che posso fare. Se
io facessi la scelta politica dovrei abbandonare le televisioni e cambiare completamente
mestiere. Un partito di Berlusconi non c'è stato, nè ci sarà mai" (13-9-93). Due
mesi dopo nasce ufficialmente Forza Italia e Berlusconi si candida alla presidenza del
Consiglio. "Se fonderò un partito? Ho sempre dichiarato il contrario, sarà la
ventesima volta che lo ripeto. Lo scrive chi ha interesse a mettermi contro gli attuali
protagonisti della politica. E perciò farà finta anche stavolta di non leggere la mia
smentita, per cui mi toccherà di ripeterla per la ventunesima volta e chissà per
quante altre volte ancora" (Epoca, 23-10-93). Come sopra. "Il mio presunto
partito esiste soltanto sulle pagine di alcuni giornali" (alla commissione Bilancio
della Camera, 26-10-93). Come sopra.
BERLUSCONI PREMIER/2
"Il nostro futuro ministro della Giustizia è la dottoressa Parenti" (6-2-94).
Invece sarà Alfredo Biondi. "Credo che al ministero dell'Interno ci sia bisogno di
una persona esperta... di un nonno" (La Stampa, 20-4-94). Infatti offre il
ministero al pm Antonio Di Pietro (44 anni), ma questi rifiuta, e allora Berlusconi
nomina il leghista Roberto Maroni (39 anni). "Siamo orientati ad un governo molto
snello, magari con meno sottosegretari: sarebbe una bella rottura con il passato"
(12-4-94). I sottosegretari saranno 39, rispettivamente 3 e 4 in più rispetto ai
precedenti governi Ciampi e Amato. "Il criterio per l'assegnazione dei ministeri
sarà assolutamente meritocratico, nessuna spartizione delle poltrone" (19-4-94).
Infatti, per esempio, la latinista Adriana Poli Bortone andrà alle Risorse Agricole.
"Questo governo è schierato dalla parte dell'opera di moralizzazione della vita
pubblica intrapresa da valenti magistrati. No ai colpi di spugna. Da questo governo non
verrà mai messa in discussione l'indipendenza dei magistrati" (al Senato,
16-5-94). In 7 mesi di vita, il governo Berlusconi metterà quotidianamente in
discussione l'indipendenza dei giudici e approverà in tutta fretta il "colpo di
spugna" di Biondi, detto anche "decreto salvaladri", che vieta l'arresto
per i reati di corruzione, concussione, finanziamento illecito e falso in bilancio.
"Falcone e Borsellino hanno dato la vita contro la mafia. E' nel loro nome che il
governo si sente vincolato a proseguirne l'opera. Sarebbe suicida abbassare la guardia
contro la criminalità. Bisogna invece dotare di strumenti migliori la polizia e la
magistratura" (al Senato il 16 e alla Camera il 18-5-94). Il primo governo
Berlusconi e la sua maggioranza tenteranno di smantellare la legislazione voluta (e
pagata con il sangue) da Falcone e Borsellino: carcere duro per i boss (41-bis), legge
sui pentiti, supercarceri nelle isole e così via. "Vi assicuro che non ci sarà il
condono edilizio" (30-5-94). "Nel Consiglio dei ministri o altrove non ho mai
pronunciato la parola 'condono'. Sono i giornali che vogliono farci apparire come gli
altri governi" (23-6-94). Un mese dopo il suo governo varerà il condono edilizio,
e subito dopo quello fiscale. "Alla Rai non sposterò nemmeno una pianta"
(29-3-94). "Mai mi occuperò di questioni televisive, per non dare l'impressione di
voler favorire i miei affari, anzi starò più dalla parte della Rai che della
Fininvest" (30-5-94). Pochi giorni dopo, Berlusconi destituisce anzitempo l'intero
consiglio d'amministrazione della Rai, per nominarne uno nuovo di sua fiducia, con
appositi direttori di rete e tg. E proclama: "E' certamente anomalo che in uno
Stato democratico esista un servizio pubblico televisivo contro la maggioranza che ha
espresso il governo del Paese. Questa Rai non piace alla gente: me l'ha detto un
sondaggio. Il governo se ne occuperà tra breve" (7-6-94). "Le nonne, le mamme
e le zie d'Italia stiano tranquille: non sarà toccata una lira delle pensioni
attuali" (10-9-94). Poco dopo Berlusconi tenta una riforma che taglia drasticamente
le pensioni, poi bloccata da una manifestazione sindacale con oltre un milione di
persone e dalla dissociazione del suo ministro del Lavoro Clemente Mastella, nonché del
partito alleato Lega Nord che lascia il governo e lo rovescia.
BERLUSCONI OPPOSITORE
"La par condicio ha danneggiato gravemente il Polo delle libertà" (20-4-95).
L'Osservatorio dell'università di Pavia sulle televisioni dimostra, ininterrottamente
dal 1995, che i politici più presenti sulle reti televisive sono Berlusconi e i suoi
uomini. "Pochi ricordano che la Thatcher ha privatizzato qualunque cosa, tranne che
la British Telecom" (Liberal, 4-4-95). Ma è vero il contrario. Scrive infatti
Margaret Thatcher nella sua autobiografia ("Gli anni di Downing Street",
Sperling & Kupfer, 1994, pag.577): "British Telecom fu il primo servizio
pubblico ad essere privatizzato. Più di qualsiasi altra, la sua vendita pose le basi
del capitalismo ad azionariato popolare in Gran Bretagna... Fui più che soddisfatta
quando nel novembre 1984. British Telecom fu finalmente privatizzata". "Non so
se avrò voglia di tornare a Palazzo Chigi. Troppo faticoso. La presidenza del Consiglio
non la reputo essenziale, non ho questa ambizione personale" (10-2-95). "Non
mi ritengo indispensabile. Sono assolutamente favorevole ad un tecnico a Palazzo Chigi,
io potrei restare leader del Polo in cabina di regia" (13-4-95). "Adesso che
si torna al teatrino della politica, diventa inutile che io resti in pista. Meglio
tornare a curare le mie aziende" (31-5-95). "Il ruolo di regista delle
riforme, come leader del Polo in Parlamento, è un ruolo che mi attira molto di più di
quello di presidente del Consiglio" (10-10-95). Silvio Berlusconi avrà sempre un
solo candidato per Palazzo Chigi: Silvio Berlusconi.
BERLUSCONI EDITORE
"Noi non abbiamo giornali- partito. Noi non teorizziamo né tantomeno pratichiamo
l'informazione come strumento di ricatto politico. I nostri sono eccellenti prodotti
editoriali, non fabbriche di consenso o, quel che è peggio, di calunnie, di derisione,
di disprezzo. Non ho mai usato né mai userò i miei mezzi di comunicazione per
scatenare campagne di aggressione contro un concorrente, né diffamare chi non è
d'accordo con me. Lascio questi metodi ad altri" (Epoca, 20-10-93). Chiunque
conosca giornali e tv berlusconiani sa che, almeno dopo l'entrata in politica di
Berlusconi, sono stati trasformati in formidabili strumenti di attacco, aggressione e
spesso anche di diffamazione per i magistrati e gli avversari politici del loro
proprietario.
BERLUSCONI RICANDIDATO
"Dal 1995, passata all'opposizione dopo il golpe politico-giudiziario, mentre
fischiavano le pallottole delle procure politicizzate, Forza Italia." (da "Una
storia italiana", l'autobiografia illustrata di Berlusconi inviata in 20 milioni di
copie a tutte le famiglie italiane nell'aprile 2001, in piena campagna elettorale).
Forza Italia passò all'opposizione perché, il 21 dicembre '94, Berlusconi salì al
Quirinale e si dimise da presidente del Consiglio: la Lega Nord gli aveva revocato
l'appoggio, votando mozioni di sfiducia insieme al Ppi di Rocco Buttiglione e al Pds di
Massimo D'Alema. Le procure non c'entrano nulla. "Io non ho nulla a che vedere con
All Iberian e non possiedo società off- shore all'estero" (Silvio Berlusconi,
15-3-2000). La Cassazione ha già accertato definitivamente che All Iberian è
interamente controllata dalla Fininvest. Tant'è che i suoi conti esteri venivano aperti
dal tesoriere centrale del gruppo Berlusconi, Giuseppino Scabini. All Iberian è una
società off- shore con sede all'estero (isole del Canale), come le altre 63 scoperte
dal pool di Milano e confermate dalla società di revisione internazionale Kpmg.
"Le nostre holding erano intestate ai nostri consulenti perché si faceva così,
era tutto normale: le trovavamo già pronte negli studi professionali
specializzati" (26-4-2001). Le 34 holding "Italiana 1,2,3,4 eccetera" che
stanno dietro alla Fininvest sin dalla fine degli anni 70 e le altre società della
galassia berlusconiana nascono quasi tutte senza il nome di Berlusconi, ma intestate a
prestanome: una cinquantina fra parenti, amici, casalinghe baresi, disoccupati
calabresi, elettricisti, malati terminali colpiti da ictus, persino un cecoslovacco nato
nel 1887. Tutto normale? "Nessun mistero sulle origini delle mie fortune: ho
cominciato con la liquidazione di mio padre: 30 milioni" (26-4-2001). Poi, però,
fra il 1978 e il 1983 Berlusconi si ritrovò in tasca 113 miliardi (degli anni 70, pari
ad almeno 250 milioni di euro odierni). In parte giunti in contanti. Sulla provenienza
di quel fiume di denaro, Berlusconi non ha mai voluto spiegare nulla. Nemmeno quando,
nel novembre 2002, il Tribunale di Palermo che sta processando il suo braccio destro
Marcello Dell'Utri (parlamentare europeo e italiano, già condannato per false fatture e
frode fiscale e imputato per mafia, calunnia ed estorsione), si è recato in trasferta a
Palazzo Chigi per interrogarlo. In quell'occasione, alle domande sulle origini di quei
quattrini e sulle ragioni che lo indussero a ospitare in casa sua per due anni un boss
mafioso del calibro di Vittorio Mangano, con mansioni di "stalliere" o di
"fattore", il premier ha Berlusconi ha risposto: "Mi avvalgo della
facoltà di non rispondere". E i giudici sono ritornati a Palermo a mani vuote.
BERLUSCONI PREMIER/2
"Meno tasse per tutti" (slogan elettorale di Berlusconi, maggio 2001). Le
tasse degli italiani resteranno le stesse, anzi aumenteranno per l'incremento
sostanzioso dei tributi regionali e comunali, in conseguenza dei tagli ai trasferimenti
governativi a comuni e regioni. Il 13 novembre 2001, in visita a Granada (Sagna),
Berlusconi e il suo ministro dell'Economia Giulio Tremonti comunicano che "i conti
pubblici non sono ancora a posto", dunque 23 di ridurre le tasse non se ne parla.
Così come della riforma delle pensioni, promessa in campagna elettorale alla
Confindustria. Che subito protesta. "Non ho mai detto che la civiltà occidentale
è superiore all'Islam. E' colpa di una sinistra irresponsabile che diffonde notizie
false sul mio conto" (7-9- 2001). In realtà Berlusconi, soltanto il giorno prima,
ha dichiarato testualmente in una conferenza stampa dalla Germania: "Noi dobbiamo
essere consapevoli della superiorità della nostra civiltà, che ha dato luogo al
benessere e al rispetto dei diritti umani e religiosi. Cosa che non c'è nei paesi
dell'Islam... Dobbiamo evitare di mettere le due civiltà, quella islamica e quella
nostra sullo stesso piano. La libertà non è un patrimonio della civiltà islamica. La
nostra civiltà deve estendere a chi è rimasto indietro di almeno 1400 anni nella
storia i benefici e le conquiste che l'Occidente conosce. C'è una singolare coincidenza
fra gli islamici e gli anti-global nella loro opposizione all'Occidente". Poi
l'incidente diplomatico internazionale, le proteste della Lega Araba ("posizioni
razziste"), l'imbarazzo dell'Occidente impegnato nel tentativo di coinvolgere nella
lotta al terrorismo fondamentalista delle Due Torri i paesi islamici moderati. Così il
Cavaliere è costretto alla smentita, cioè all'ennesima bugia. "Ho fatto
un'esposizione sommaria della legge finanziaria e ho trovato un'ottima accoglienza sia
da Prodi sia dal commissario Pedro Solbes" (10- 10-2001). Così Berlusconi al
termine di un incontro ufficiale a Bruxelles con il presidente Romano Prodi e gli altri
membri della Commissione europea. Senonché Prodi cade dalle nuvole: "Non ne
abbiamo neanche parlato". Anche Solbes lo smentisce: "Non ho espresso alcun
giudizio sulla finanziaria italiana, la valuterò insieme al patto di stabilità".
Berlusconi è costretto alla retromarcia: "Io ho illustrato l'azione del mio
governo, Prodi e Solbes mi hanno ascoltato in silenzio". Poi, in conferenza stampa,
se la prende con il "club della menzogna della sinistra" che gli attribuirebbe
frasi mai dette. "La tv pubblica è interamente nelle mani della sinistra, e anche
la tv privata si sbilancia a sinistra" (30-1-2002, a Le Figaro). Appena tornato al
governo, Berlusconi, che già detiene il monopolio assoluto della televisione
commerciale (Canale 5, Italia 1, Rete 4), nomina suoi uomini al vertice delle tre reti
pubbliche Rai (presidente Antonio Baldassarre, direttore generale Agostino Saccà).
Costoro allontanano dal video i due giornalisti più famosi della Rai, sgraditi al
premier - Enzo Biagi e Michele Santoro - nonché il comico Daniele Luttazzi, anche lui
inviso al Cavaliere. Poi, quando il primo consiglio di amministrazione si dimette agli
inizi del 2003, Berlusconi riunisce gli alleati in casa propria per decidere i nuovi
consiglieri, facendo infuriare addirittura i presidenti delle due Camere, che rifiutano
di ratificare le nomine. Alla fine, viene creato un nuovo Cda Rai formato da 4 esponenti
del centro-destra e uno solo del centro-sinistra. Anche il direttore generale, amico di
Berlusconi e del fratello Paolo, è di stretta obbedienza governativa. "Comprare
Alessandro Nesta (difensore della Lazio e della Nazionale, ndr) per il Milan? Sono cose
che non hanno più nulla di economico, di morale. Nel calcio abbiamo sbagliato tutti,
ora basta" (23-8-2002). L'indomani il Milan di Berlusconi annuncia l'acquisto di
Nesta, avvenuto da almeno una settimana. "Non capisco tutta questa fretta per la
legge Cirami sul legittimo sospetto (che gli consente di spostare i suoi processi da
Milano a Brescia, ndr)" (31- 7-2002). "La legge sul legittimo sospetto è una
priorità per il governo" (30- 8-2002). "E se in Irak non ci fossero più armi
di distruzione di massa? Come parere personale, non credo che ci siano più quegli
ordigni" (16-10-2001, al termine di un lungo incontro con Vladimir Putin).
"Sono e resto con Blair, l'alleato più vicino a Bush. Non ho mai detto che Saddam
non ha armi di distruzione di massa. Dico solo che potrebbe avere avuto il tempo di
distruggerle o di metterle da qualche altra parte" (17-10-2002, dopo le incredule
proteste di Londra e Washington). "Mediaset non farà alcun ricorso al condono
fiscale" (30-12-2002). Berlusconi smentisce le rivelazioni del quotidiano La
Repubblica, il quale calcola che il condono fiscale contenuto nella legge finanziaria
Berlusconi consentirà al gruppo Mediaset di chiudere la lite col fisco per il possesso
di società off-shore risparmiando multe per 100 milioni di euro, pari a 200 miliardi di
lire. Cinque mesi dopo, il settimanale l'Espresso scoprirà che Mediaset ha regolarmente
fatto ricorso al condono, risparmiando così circa 120 milioni di euro di imposte.
"Ho assoluta fiducia nella Cassazione, fiducia che non né mai mancata. Altra cosa
sono certi pm che vogliono un ruolo particolare e imbastiscono processi che finiscono
nel nulla" (26 gennaio 2003).L'indomani la Cassazione gli dà torto e non sposta i
suoi processi da Milano. Lui, il premier, tuona subito contro i "giudici
golpisti".
BERLUSCONI IMPUTATO
"Giuro sui miei cinque figli che non so nulla di quanto mi viene contestato (le
tangenti alla Guardia di Finanza, ndr). Sono vittima di una grande ingiustizia. Mi
dicono che questo avviso è la risposta a quanto stiamo facendo" (23-11-94).
"E' come se mi avessero mandato un avviso di garanzia accusandomi di non chiamarmi
Silvio Berlusconi. Siccome sono certo di chiamarmi Silvio Berlusconi, non credo che
nessun tribunale giusto al mondo possa condannarmi perché mi chiamo Silvio Berlusconi.
Può esserci una condanna, ma allora non sarà un atto di giustizia, ma
sovversione" (1-12-94). "Io corruttore? Sarebbe come incolpare suor Teresa di
Calcutta, dopo una vita di sacrifici, se una bambina dell'istituto allungasse una mano
per pigliare un quarto di mela dal fruttivendolo, non per sé, ma per darlo ad un
altro" (27-10-95). "Nessuno si è reso responsabile di corruzione, il capo del
gruppo non era minimamente a conoscenza di quanto gli viene addebitato. Il vero scandalo
sta semmai nel fatto che la mia impresa, come quasi tutte le imprese italiane, sia stata
sottoposta a pressioni concussive da parte di un corpo armato dello Stato... Siamo stati
costretti a pagare da un'associazione a delinquere come la Guardia di Finanza, da
elementi deviati di un corpo armato dello Stato" (16-1-96). Con buona pace
dell'incolpevole prole, due dirigenti Fininvest verranno definitivamente condannati per
corruzione della Guardia di Finanza, un consulente legale definitivamente per
favoreggiamento, i due segretari per falsa testimonianza in primo e secondo grado,
mentre Berlusconi verrà condannato dal Tribunale per corruzione, dichiarato prescritto
(cioè responsabile, ma non più punibile) dalla Corte d'appello, infine assolto dalla
Cassazione. Ma solo per "insufficienza probatoria". "Publitalia non ha
mai emesso fatture false, e funziona come un orologio" (31-5-95). Ma i massimi
dirigenti di Publitalia, dal presidente fondatore Marcello Dell'Utri in giù, hanno
patteggiato condanne per decine di miliardi di false fatture e frodi fiscali. "Sono
pronto a lasciare la guida del Polo, la Camera e la vita politica se verrà dimostrato
un rapporto mio o della Fininvest o di una società del gruppo col signor Bettino Craxi,
diverso da quello della pura amicizia!" (29- 11-95). Craxi è colui che nel 1984
impose con il suo governo al Parlamento ben due decreti ad personam, i "decreti
Berlusconi", per salvare le televisioni dell'amico finite sotto inchiesta (e
minacciate di sequestro dai magistrati) perché trasmettevano illegalmente su tutto il
territorio nazionale. La Corte di Cassazione, confermando la prescrizione del reato di
finanziamento illecito nel processo sulla società berlusconiana off-shore "All
Iberian", ha ritenuto dimostrato che Berlusconi versò illegalmente a Craxi, tra il
1990 e il 1992, ben 21 miliardi estero su estero. Ma Berlusconi non ha lasciato la vita
politica. "Non ho mai fatto alcun attacco alla magistratura" (10-10-95).
"Se c'è una cosa che mi viene addebitata e che non risponde al vero è da parte
mia un giudizio negativo nei confronti dei magistrati" (25-11-95). "Io sono un
grande estimatore della magistratura e l'ho dimostrato nella mia attività di governo,
durante la quale sono sempre stato vicino ai problemi dei giudici" (7-12-95).
"Mi consenta ancora una volta di esprimere ammirazione verso la magistratura e i
giudici" (23-1-96). Una costante dell'azione politica è l'attacco sistematico,
scientifico, incessante alla magistratura di ogni ordine e grado: dai pm di Milano (ma
anche di Palermo, Napoli, Torino: tutti quelli che si sono occupati di lui o di sue
aziende) ai giudici per le indagini preliminari, da quelli di tribunale a quelli di
appello, su su fino alle sezioni unite della Corte di Cassazione, massima istanza
giurisdizionale del Paese. "Le inchieste sul mio gruppo sono iniziate soltanto dopo
il mio impegno in politica. Prima non avevo mai subito nulla del genere"
(17-6-2003). Ma è vero il contrario: prima nascono le inchieste sulla Fininvest di
Berlusconi, poi (e forse proprio per questo) Berlusconi "scende in campo"
politico. La prima indagine (poi archiviata) sul Berlusconi imprenditore, per traffico
di droga, fu aperta a Milano nel lontano 1983. Nel 1989 poi, sempre a Milano, Marcello
Dell'Utri finì per la prima volta sotto inchiesta per mafia (prosciolto). La tesi della
persecuzione politica per via giudiziaria, già esposta dal premier in una denuncia a
Brescia, è stata così smontata dal gip Carlo Bianchetti nell'archiviazione del 15
maggio 2001: "Risulta dall'esame degli atti che, contrariamente a quanto si desume
dalle prospettazioni del denunciante, le iniziative giudiziarie. avevano preceduto e non
seguito la decisione di "scendere in campo". [Il pool di Mani pulite ha
compiuto, tra] il 27 febbraio '92 e il 20 luglio '93, ben 25 accessi presso Fininvest e
Publitalia". Lo stesso Berlusconi, al momento di entrare in politica verso la fine
del 1993, aveva confidato ai famosi giornalisti Enzo Biagi e Indro Montanelli (che
l'hanno poi raccontato): "Se non entro in politica, fallisco e mi arrestano".
"E questo potere arbitrario e di casta è stato illiberalmente esercitato nel 1994
contro un governo sgradito alla magistratura giacobina di sinistra, governo messo
platealmente sotto accusa attraverso il suo leader in un procedimento iniziato a Napoli
mentre presiedeva una Convenzione delle Nazioni Unite e sfociato poi, per assoluta
mancanza di fondatezza, in una clamorosa assoluzione molti anni dopo" (29-1-2003).
Berlusconi si ostina a ripetere che, nel 1994, il suo governo fu rovesciato dall'invio
di un "avviso di garanzia" per le mazzette Fininvest alla Guardia di Finanza,
a Napoli, mentre lui presiedeva un convegno sulla criminalità organizzata. Si trattava
in realtà di un "invito a comparire" (una convocazione per un
interrogatorio), dovuto per legge, che non fu affatto notificato a Napoli, ma a Roma. E
fu preannunciato al telefono all'interessato la sera prima (21 novembre '94) dai
carabinieri. Fu dunque Berlusconi, pur sapendo di essere sospettato di corruzione, a
decidere ugualmente di presiedere il convegno anche l'indomani (giorno 22), esponendo il
buon nome dell'Italia al ludibrio internazionale. Ai magistrati milanesi, secondo
un'informativa dei carabinieri, risultava che lui, la sera stessa del 21, sarebbe
rientrato a Roma abbandonando il convegno napoletano inaugurato la mattina. Perciò
inviarono i militari per la consegna a Roma, non a Napoli. Quanto alle ragioni della
caduta del governo, quell'atto non ebbe alcuna conseguenza. L'hanno stabilito i
magistrati di Brescia, ai quali Berlusconi aveva presentato un esposto contro i
magistrati milanesi per "attentato agli organi costituzionali" (cioè al suo
primo governo). Nell'ordinanza del giudice Carlo Bianchetti che il 15 maggio 2001
archivia l'inchiesta e assolve il pool di Milano, si legge: "Alla causazione del
cosiddetto "ribaltone" è stata sostanzialmente estranea la vicenda
dell'invito a presentarsi, dal momento che, secondo la testimonianza dell'allora
ministro Maroni, la decisione della Lega Nord di "sfiduciare" il governo
Berlusconi (decisione che era stata determinante nella caduta dell'Esecutivo) era stata
formalizzata il 6 novembre 1994, e perciò due settimane prima; trovava comunque le sue
radici in un insanabile contrasto tra la Lega Nord e gli altri partiti del Polo delle
Libertà risalente a fine agosto '94, allorché l'on. Bossi era venuto a sapere
dell'intenzione del capo del governo di "andare alle elezioni anticipate in
autunno". "Nel processo Sme non ci sono né indizi né prove contro di me,
c'è solo il teorema della signora Stefania Ariosto, una mitomane che ha fatto dei
pettegolezzi. Per la Sme mi aspetterei non un processo, ma una medaglia d'oro al valore
civile per avere salvato l'Italia da una svendita di un bene pubblico per 500 miliardi
quando ne valeva 2500". La teste Stefania Ariosto non parla dell'affare Sme: si
limita a raccontare ciò che ha visto e sentito a proposito di Previti e della
corruzione di alcuni giudici romani. In realtà, nel processo Sme, gli imputati sono
sotto accusa per alcuni bonifici bancari. Il primo riguarda l'industriale Pietro Barilla
(deceduto nel '93): il 2 maggio e il 26 luglio 1988 da un conto estero di Barilla
partono due accrediti (1 miliardo e 800 milioni di lire) destinati all'avvocato Attilio
Pacifico, braccio destro dell'avvocato berlusconiano Cesare Previti. Pacifico versa,
secondo l'accusa, 200 milioni in contanti al giudice Filippo Verde, e tramite bonifico
850 a milioni a Previti e 100 al giudice Renato Squillante. Il secondo bonifico chiama
invece direttamente in causa la Fininvest. Il 6 marzo 1991, dal conto svizzero
"Ferrido", aperto dal capo della tesoreria Fininvest Giuseppino Scabini,
vengono accreditati 434.404 dollari sul conto "Mercier" di Previti, da dove,
un'ora dopo, vengono girati sul conto "Rowena" del giudice Squillante. Secondo
l'accusa, il conto Ferrido (della galassia All Iberian) era alimentato con fondi
personali e familiari di Berlusconi. Di qui l'accusa, per tutti, di corruzione
giudiziaria. Per la Sme (la finanziaria alimentare dell'Iri), Berlusconi non sventò
alcuna svendita: la quota dell'azienda in vendita da parte dell'Iri era stata valutata
500 miliardi da due esperti dell'università milanese Bocconi, e dunque Carlo De
Benedetti, unico offerente nel 1985, aveva offerto quella cifra. Poi Berlusconi, su
ordine di Craxi, si intromise nell'affare, rilanciando per un 10% appena: il minimo
indispensabile per entrare in partita. Dunque offrì 550 miliardi, poco più di De
Benedetti, poco meno di un quinto rispetto al valore che oggi egli pretende di
attribuire alla Sme del 1985. "La magistratura politicizzata, nel 1992-'93, ha
cancellato cinque partiti dalla vita pubblica, risparmiando i comunisti per portarli al
potere". A parte il fatto che, a Milano, il pool Mani Pulite arrestò e inquisì
quasi l'intero vertice del Pci-Pds, esattamente come quelli dei partiti moderati, va
detto che le prime elezioni dopo Tangentopoli non le vinsero le sinistre. Le vinse
Berlusconi, occupando lo spazio lasciato libero dal pentapartito che si era sciolto per
mancanza di voti dopo lo scandalo. Il 24 gennaio 1994, al momento della sua discesa in
campo, il Cavaliere elogiò il pool di Milano per avere scoperchiato lo scandalo di
Tangentopoli: "La vecchia classe politica è stata travolta dai fatti e superata
dai tempi [...]. L'autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del
debito pubblico e del finanziamento illegale dei partiti, lascia il paese impreparato e
incerto...". E il 6 febbraio rincarò la dose: "Basta con i ladri di Stato,
noi siamo per una politica nuova, diversa, pulita. Siamo l'Italia che lavora contro
l'Italia che ruba". Subito dopo tentò di avere nel suo governo i due simboli del
pool di Mani Pulite: Antonio Di Pietro al ministero dell'Interno e Piercamillo Davigo
alla Giustizia. I due, però, rifiutarono. Ma evidentemente, all'epoca, Berlusconi non
li considerava "toghe rosse". "I magistrati milanesi abusavano della
carcerazione preventiva per estorcere confessioni agli indagati" (30-9-2002). Anche
questo cavallo di battaglia della polemica berlusconiana anti-giudici è smentita dai
fatti e, soprattutto, dalla relazione consegnata al governo dai quattro ispettori
ministeriali inviati contro il pool di Milano nell'ottobre 1994 dal guardasigilli
Alfredo Biondi (Forza Italia, primo governo Berlusconi). Relazione resa nota il 15
maggio '95: "Nessun rilievo può essere mosso ai magistrati milanesi, i quali non
paiono aver esorbitato dai limiti imposti dalla legge nell'esercizio dei loro poteri
[...]. Non si è riscontrata un'apprezzabile e significativa casistica di annullamenti
delle decisioni che hanno dato luogo a quelle detenzioni [...]. I provvedimenti
custodiali sono stati spesso suffragati [...] dall'ulteriore e decisiva prova della
confessione dell'indagato. Né è risultato che tali confessioni siano state in seguito
ritrattate perché rese sotto la minaccia dell'ulteriore protrarsi della detenzione
[...]. Non è possibile ascrivere quelle confessioni alle "condizioni fisiche e
psicologiche disumane" nelle quali si sarebbero venuti a trovare molti indagati,
alcuni dei quali suicidatisi, condizioni cui fa riferimento l'on. Sgarbi: non è stata
mai segnalata l'applicazione di regimi detentivi differenziati e inaspriti rispetto alla
generalità dei casi". "I magistrati del pool di Milano avevano come
obbiettivo quello di favorire la presa di potere da parte delle sinistre"
(9-5-2003). A parte le considerazioni già esposte, è interessante leggere la risposta
data il 23 ottobre 1996 dal ministro dell'Interno britannico Simon Brown al Parlamento
britannico, per spiegare il diniego opposto al ricorso degli avvocati di Berlusconi, i
quali parlavano di inchieste e reati "politici" per opporsi alla consegna dei
documenti sui conti esteri della galassia All Iberian: "Se ben capisco
l'argomentazione dei richiedenti [la Fininvest], essi sostengono che l'azione
giudiziaria in corso in Italia per donazioni illecite di 10 miliardi al signor Craxi è
politica, e che le accuse di falso contabile [...] sarebbero reato connesso. Le
donazioni politiche illegali sono un reato politico? Non sono d'accordo. A me sembra
piuttosto un reato contro la legge ordinaria promulgata per garantire un corretto
ordinamento del processo democratico in Italia - reato in nulla diverso, diciamo, dal
votare due volte alle elezioni [...]. Il reato in questione è stato commesso per
influenzare la politica del governo: non si pagano clandestinamente grosse somme di
denaro a un partito politico senza uno scopo [...]. Non accetto in nessun modo che il
desiderio della magistratura italiana di smascherare e punire la corruzione nella vita
pubblica e politica, e il conflitto che ciò ha creato tra i giudici e i politici in
quel paese, operi in modo tale da trasformare i reati in questione in reati politici. È
un uso scorretto del linguaggio definire la campagna dei magistrati come improntata a
"fini politici", o le loro azioni nei confronti del signor Berlusconi come
persecuzione politica. Al contrario, tutto ciò che ho letto su questo caso suggerisce
che la magistratura stia dimostrando una giusta indipendenza politica dall'esecutivo ed
equanimità nel trattare in modo eguale i politici di tutti i partiti [...]. [Il reato]
non è intrinsecamente politico, né lo diviene nel caso che l'autore del reato speri di
cambiare la politica del governo comprando influenza politica, e neanche se il potere
giudiziario, perseguendo lui, spera di ripulire la politica. Nessuno degli argomenti dei
richiedenti riesce a persuadermi in nulla che i reati in questione siano politici. Non
riesco proprio a vedere i pagatori corrotti della politica come i "Garibaldi di
oggi", o cercatori di libertà, o "prigionieri politici". "I
magistrati milanesi abusavano della carcerazione preventiva per estorcere confessioni
agli indagati" (30-9-2002). Anche questo cavallo di battaglia della polemica
berlusconiana anti-giudici è smentita dai fatti e, soprattutto, dalla relazione
consegnata al governo dai quattro ispettori ministeriali inviati contro il pool di
Milano nell'ottobre 1994 dal guardasigilli Alfredo Biondi (Forza Italia, primo governo
Berlusconi). Relazione resa nota il 15 maggio '95: "Nessun rilievo può essere
mosso ai magistrati milanesi, i quali non paiono aver esorbitato dai limiti imposti
dalla legge nell'esercizio dei loro poteri [...]. Non si è riscontrata un'apprezzabile
e significativa casistica di annullamenti delle decisioni che hanno dato luogo a quelle
detenzioni [...]. I provvedimenti custodiali sono stati spesso suffragati [...]
dall'ulteriore e decisiva prova della confessione dell'indagato. Né è risultato che
tali confessioni siano state in seguito ritrattate perché rese sotto la minaccia
dell'ulteriore protrarsi della detenzione [...]. Non è possibile ascrivere quelle
confessioni alle "condizioni fisiche e psicologiche disumane" nelle quali si
sarebbero venuti a trovare molti indagati, alcuni dei quali suicidatisi, condizioni cui
fa riferimento l'on. Sgarbi: non è stata mai segnalata l'applicazione di regimi
detentivi differenziati e inaspriti rispetto alla generalità dei casi".
BERLUSCONI E IL CONFLITTO D'INTERESSI
"Dire che nell'attività di governo e politica ci sia stato qualche volta un
interesse personale, non solo del signor Berlusconi, ma anche di altri membri di Forza
Italia, è una vergogna" (14-12-95). "La vecchia classe politica che facendo
politica prendeva soldi. Io posso dire che per fare politica ne ho spesi parecchi"
(15-12-95). Il primo governo Berlusconi passerà alla storia per due provvedimenti: il
decreto Biondi, che vietava le custodia in carcere per corruzione alla vigilia
dell'arresto di Paolo Berlusconi per corruzione; e la legge Tremonti, che ha fruttato
alla Mediaset dello stesso Berlusconi (Silvio) sgravi fiscali per 243 miliardi. "Ho
dato incarico ai miei manager di avviare le dismissioni delle mie proprietà"
(23-3-94). "Ho sempre riconosciuto che c'era un'anomalia da sanare... Sono il primo
a proporre una soluzione di separazione drastica tra l'esercizio dei doveri di governo e
l'esercizio dei diritti proprietari" (2-8-94). "Le mie aziende o le congelo o
le vendo. Voglio assolutamente dividere i miei interessi privati che ho come azionista
Fininvest dalla mia attività pubblica che svolgerò nell'interesse di tutti. Credo che
quella del blind trust americano sia la soluzione ideale" (11-4-94). "Oggi vi
annuncio che ho deciso di vendere le mie aziende, perché credo che qualcuno, quando si
prende un impegno e dentro questo impegno ci sono certe condizioni che sono ostative
allo svolgimento globale dell'impegno, deve avere anche il coraggio di sacrificarsi...
Non sarà facile trovare un compratore, ma andremo in Borsa con la televisione e terrò
una quota assolutamente non di maggioranza" (23-11-94). "Da novembre ho dato
mandato irrevocabile alla Fininvest di vendere le tv" (18-3-95). "Venderò le
tv ad imprenditori internazionali" (Il Giornale, 1-4-95). "Il conflitto
d'interessi sarà risolto nei primi cento giorni del mio governo" (5-5-2001). Nove
anni dopo il suo primo governo e due anni dopo l'avvio del secondo, Berlusconi non ha
risolto il conflitto d'interessi né tantomeno ha ceduto alcuna delle sue aziende. Anzi,
il 21 dicembre 2001, comunica agli italiani che "il conflitto d'interessi esiste
solo nel senso che le mie aziende ci hanno rimesso da quando sono entrato in politica al
servizio del Paese". E il 7 maggio 2003, ancora più esplicito: "Il conflitto
d'interessi è una scusa. Tutti vedono bene che non c'è nessun conflitto d'interessi.
Anzi, io non posso fare che cose sfavorevoli al mio gruppo. Non c'è stata una sola
decisione assunta da questa maggioranza e da questo governo che abbia portato cose a mio
favore. Da quando sono sceso in politica, il mio gruppo ha subìto soltanto danni
enormi".
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